Una speculazione “assicurata”: non concordata probabilmente ma promessa. Non sarà più come prima tra i governi europei dell’euro e nel governo della stessa moneta dopo la crisi irlandese. Il rifiuto dichiarato del governo di Dublino di accedere all’’intervento stabilizzatore della Bce è stato letto nella sola maniera possibile, come un invito alla speculazione. Che ci ha guadagnato e ci guadagna, in una scommessa “sicura”, a spese della stabilità e della ripresa dell’economia europea.
Il giudizio negativo della cancelliera Merkel è solo uno dei tanti concordi: sia Berlino che Parigi sono certi che l’andamento della crisi irlandese è stato determinato dai fondi e dalle banche “anglosassoni”, cioè essenzialmente britanniche, che operano fuori dell’euro. Più sfumato il giudizio a Roma, ma solo perché il governatore della Banca d’Italia, Draghi, presiede il Financial stability forum, che è espresso dagli stessi operatori finanziari che avrebbero profittato della manovra. I dubbi sono stati sollevati dal giudizio positivo degli operatori sulle banche irlandesi agli stress test di agosto.
Ci sono state tensioni molto forti nei primi due giorni della settimana, nell’intento di imbrigliare in qualche modo l’altrimenti incomprensibile manovra irlandese. Con intenzioni cioè molto punitive, che solo la paura di aggravare gli equilibri nell’euro hanno disinnescato. Come punire chi specula sarà il primo tema in agenda in Europa dopo la crisi irlandese. È un tema diverso da quello seguito alla crisi greca: come punire chi bara. E implica bilanciamenti delicati, tra i poteri nazionali e quelli della Banca centrale europea. Ma il governo tedesco è determinato a trovare un qualche sistema di “correzione” dei profittatori, o di governo reale della moneta. Il negoziato si aprirà sul rifinanziamento del Fondo europeo per la stabilità finanziaria, di cuoi la crisi in Grecia e Irlanda, e in parte in Portogallo, ha prosciugato le risorse.
L’esito della crisi irlandese brucia tanto più a Berlino in quanto, mentre la finanza britannica ha tratto profitto del ritardo, le banche tedesche sono quelle che più ci hanno rimesso e ci rimettono. Erano le più esposte, alla pari con quelle britanniche, con le banche irlandesi. Ora praticamente fallite. E non sono state all’altezza della manovra speculativa. A loro giustificazione possono addurre la scusante che gli operatori britannici operavano fuori dell’euro, quindi con molta più libertà. Ma è un fatto che hanno puntato anch’esse sul boom facile dell’Irlanda (la loro esposizione in Italia, un’economia che “vale” nove-dieci volte quella irlandese, è uguale a quella con Dublino), e ne sono rimaste scottate.
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