Tardi, nella riedizione del 1898, ma con molto fondo culturale e finezza, Lombroso scoprì i greci in Calabria, e gli albanesi, si può dire per primo nell’Italia unita. Nei primi appunti, “Tre mesi in Calabria”, pubblicati a caldo nel 1862, dopo un breve e accidentato soggiorno nella penisola come medico con le truppe anti-brigantaggio, è il Lombroso che ci si aspetta, dei crani e dei prognati, tutto molto negativo – anche la statura (ma lui stesso, Luigi Guarnieri fa notare perfido nella presentazione, era “un ometto di un metro e sessanta”). I temi sociali disinvolto e assertivo liquidando, ancora nella riedizione, con molte pagine della “Relazione inaugurale per l’anno giuridico 1896” del giudice di Catanzaro Cav. Domenico Ruiz. Ma nel complesso ci ha ripensato, consigliato da un collega stimato, Giuseppe Pelaggi, calabrese di Strongoli, professore e medico, che gli curò le note. Si informò, scoprì che nel Cinque-Seicento c’era in argomento un’ottima trattatistica, soprattutto sui calabro-greci, e nei due capitoli aggiunti espone una tale messe di informazione, linguistica, storica, genealogica, poetica, che risulta oggi più valida che mai, e si legge con estremo interesse.
La questione meridionale sintetizza in sei o sette parole: “Il retaggio borbonico aggravato dall’unificazione italiana”. E le stesse "lombrosiane" notazioni caratteriali, fisiognomiche eccetera, rielabora con misura. Raccogliendo e invìdividuando una massa di informazioni eccezionale per il poco tempo che passò in Calabria. Dalle donne che fanno gli uomini, le "monache di casa" ("vere formiche neutre, godono, meno i soavi piaceri del sesso, tutte le solerzie della maternità, e quasi tutta l'attività degli uomini, e son sempre pressate, affaccendate, viventi"), ai danni dell'unità, che ha aggiunto al malgoverno borbonico quello italiano, ai vini, - "molto alcolici e poco fermentati, producono ai non avvezzi fierissime gastralgie"). La pochezza positivista è quella - il suo discepolo-mentore Pelaggi spiega con questa "legge di Darwin" il fatto che ci siano molti asini, in confronto al numero dei cavalli e dei buoi: "Le vie alpestri ed intralciate necessitando un grandissimo numero di asini pei trasporti dei prodotti agricoli, i foragi vanno a vantaggio di essi e quindi mancano agli altri"). Ma si vede che “le dolcezze dei versi e la delicatezza de modi” che Lombroso dice di avere trovato in Calabria gli ha fatto bene.
Cesare Lombroso, In Calabria, Rubbettino editore, pp. 135, € 7,90
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