La storia politica della Repubblica è semplice: dopo essere stati trascinata al fascismo, dalle sinistre unite e dal re, da cui ebbero immensi benefici, ma poi anche tante guerre, compresa l’ultima, catastrofica, praticamente tre anni sotto i bombardamenti, con l’ignominia della persecuzione degli ebrei, gli italiani si sono sistemati saldamente al centro. Con una piccola ala destra, e una grande ala sinistra. Persuasiva questa, bene orchestrata, bene amministrata anche, al punto da trovarsi a un certo punto, nel 1976, ad avere quasi aver fatto suo il centro. Ma fu un momento, nel 1979 il partito Comunista cominciava il declino.
L’area politica moderata è ovunque decisiva, è il volano della democrazia parlamentare. Ma in Italia, dopo il fascismo, è specialmente vasta e durevole. Conquistata saldamente da De Gasperi, col sostengo fondamentale di papa Pacelli e il futuro papa Montini (l’Azione Cattolica, i Comitati Civici) , nel 1948, fu invano circuita da Saragat prima e Craxi dopo. Fino al colpo di mano di Scalfaro e dei giudici nel 1992, quando passò saldamente nel campo berlusconiano. Non per fede evidentemente nell’uomo politico Berlusconi, che è tutto e nulla, ma per la garanzia di un saldo presidio che l’uomo dà contro i precedenti estremismi, neo fascista e comunista. È in questa chiave, di rassicurazione, che il centro si schiera, e fa la differenza con gli appelli ormai universali al suo voto, ma senza affidabilità. Bossi, intervistato alla vigilia delle elezioni del 1992, proiettava il voto della Lega al 10 per cento nazionale, sbagliando di poco, e disse chiaro: “La Lega non siederà né a destra né a sinistra, ma esattamente al posto della Dc”: è in questa chiave, di conquista del Centro, che l’idea del partito Democratico nacque nel 2007, di una formazione in grado di dare affidamento al voto moderato.
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