Ben tre pezzi da Novanta di “Repubblica”, D’Avanzo, Greco e Rampini, da tre capitali, Roma, Milano e New York, senza contare il commento del direttore Mauro, per annunciare che “L’America condanna l’asse Cavaliere-Putin: «Esporta corruzione»”. Nelle pagine interne la titolazione non parla più di condanna del’America ma di “un’analisi del Dipartimento di Stato”. Nella corrispondenza dall’America Rampini mette a dura prova la sua integrità personale: prima dice che l’ex ambasciatore Spogli è allarmato da “rapporti di guadagno personale” tra Berlusconi e Putin, poi dice che Spogli sconfessa il rapporto, “è un’iniziativa personale” di chi l’ha scritto, poi dice che quel rapporto è “la bibbia della strategia americana” al Dipartimento di Stato, poi fa un elogio, con foto, del redattore del rapporto, infine spiega che il redattore in questione è un signore “cultore della materia” all’università di Yale, consulente occasionale del dipartimento di Stato. Insomma, un precario in cerca di consulenze.
Una prova una volta tanto di filoamericanismo quasi commovente. Ma si capisce la disaffezione del lettori: non tutto si può bere. La storia si può guardare anche dall’altro lato: che l’Italia ha bisogno della Russia (come della Libia), indipendentemente da chi c’è al governo. O “Repubblica” voleva fare, surrettiziamente, un elogio di Berlusconi?
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