Ci sono voluti anche i padri, a Roma, accanto alle figlie, per fare il “numero legale” alle manifestazioni contro la riforma dell’università. “Sono studente, povero”, la sindrome è sempre quella, del duca di Mantova che può mntire, impunito, nel “Rigoletto” – con enfasi sottolineata nel geniale “Rigoletto a Mantova” di Andrea Andermann. Gli studenti non mentono doppio come il duca, ma semplice sì: studente è un privilegio prima che una disperazione. Per il resto l'“esplosione” in piazza è dei partiti, molto organizzata e poco numerosa. In nessun posto e in nessun momento si trovano reazioni “spontanee” – se non quelli dei violenti, o balordi, a Roma il 14 dicembre. Gli argomenti, e il modo di esporli, comprese le “tattiche e strategie” delle manifestazioni, sono roba di partiti, comprese le vecchie mozioni e le procedure. Senza nessun’altra emozione e nessuna finalità che non sia quella dei “dibattito”, alle Camere, nei giornali, nei talk show. Della visibilità o pubblicità gratuita.
Si è manifestato peraltro contro una riforma che, per quanto insidiosa e debole normativamente, nessun partito contesta. Per un diritto allo studio che è quanto dire diritto alla vita – non si troverà nessuno che lo neghi, nemmeno sotto minaccia. Tutto ciò che il Pd ha chiesto e voluto è stato di rinviare di qualche ora, qualche giorno, e se possibile di nuovo alla Camera, la legge di riforma, per capitalizzare sulle manifestazioni. Che invece sono politicamente in perdita. E comunque certificano l’indigenza della politica. Se l’antipolitica è forte, è anche perché la politica è debole. Debolissima nel caso. “La stabilità politica è un bene”, questa saggezza è rimasta a Ruini. Che è un cardinale, e forse pure di destra.
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