Il 15 maggio è del 1848. E il luogo è Parigi, ben più risoluto e risolutivo di Roma. Ma la sindrome è la stessa: l’assalto al potere, la sovversione, il colpo di mano, il bignami dell’Ottantanove. Il 23 aprile si era votato a Parigi per l’Assemblea Costituente, per la prima volta al mondo a suffragio universale. I francesi avevano votato entusiasti, l’84 per cento degli aventi diritto, “una percentuale da record che in Francia è rimasta nei secoli ineguagliata”, dice Luciano Canfora nell’inoppugnabile “La democrazia. Storia di un’ideologia” – con qualche approssimazione, “i secoli” essendo solo uno e mezzo (bisogna sempre sperare). Ma non votarono la sinistra, che il suffragio universale aveva voluto: “Di estrazione popolare (furono) solo 26 deputati”, su 900.
Il 15 maggio lo facciamo raccontare allo stesso Canfora: “La Costituente s’insediò il 4 maggio. Il 15 maggio, sotto l’impulso di Blanqui, Raspail, Barbès, gli operai invasero l’Assemblea ma furono scacciati con la forza dalla Guardia Nazionale… Il motivo dell’attacco al Parlamento appena eletto era di pretendere un impegno a restaurare, anche con l’intervento armato, la libertà della Polonia”. Il motivo vero, nella stesa sintassi incerta, era di abbattere il governo. “La scena del 15 maggio era stata rovinosa”, continua Canfora: “Centocinquantamila persone in marcia verso il Parlamento al grido di “Viva la Polonia!”, quando invadono l’Assemblea si trovano a chiedere altro”. A parte il fatto che non c’erano a Parigi centocinquantamila operai, ammesso che fossero tutti a manifestare per la Polonia, è vero: “I capi, Blanqui e Barbès, rivaleggiano in estremismo”, eccetera, e alla fine della giornata non hanno più nessuno al seguito.
Uno sciopero generale per un contratto locale, proclamato da un sindacato di categoria, la Fiom, non è dunque un fatto anomalo. Né lo è la identificazione del potere in un palazzo, il solo peraltro nel quale il popolo può mettere becco. La stesa Fiom ha già tentato l’assalto al Parlamento il 14 dicembre, con i disoccupati napoletani e altre avanguardie. “15 Maggio” può essere ogni giorno, o dovremo dire d’ora in poi “28 gennaio”? O “14 dicembre”? Il problema sarà solo trovare 150 mila “disoccupati napoletani”.
giovedì 30 dicembre 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento