C’è il vetusto “tanto peggio tanto meglio” nei resoconti e i commenti concordi dei maggiori giornali, “Sole 24 Ore” compreso, contro l’Eni per il South Stream, la grande condotta del gas con la Gazprom russa. Che è un affare da tutti i punti di vista, e per tutti, senza controindicazioni: l’Eni, l’Italia (sicurezza delle forniture, prezzi), l’Europa, e la Russia certo. Ma non sta bene agli Usa. Senza nocumento però per le relazioni Italia-Usa, che, come dice la segretaria di Stato Clinton, sono le migliori (è dal 1955 che gli Usa obiettano agli interessi dell’Italia a Mosca, senza nocumento). E non sta bene nemmeno alla Germania. Questa è una novità, ma giusto perché la Germania vuol essere lei la partner privilegiata, se non unica, di Gazprom, e a questo fine ha incaricato il predecessore di Angela Merkel alla cancelleria, il socialista Schroeder, e il suo ex mministro degli Esteri Joschka Fischer. Niente di meno.
Ora, si supporrebbe che quanto non sta bene agli Usa e alla Germania, paesi imperiali, stia bene all'Italia, la proletaria. E tuttavia, e malgrado l’antiamericanismo di fondo dei maggiori giornali, il “Sole” in questo caso escluso, cronache e commenti sono tutti negativi: alzo zero, si direbbe in artiglieria, contro il gruppo italiano del petrolio. Non si criticano i rapporti malevoli degli affaristi americani tournés diplomatici a Roma contro l’Eni. Si critica l’Eni, e Berlusconi in quanto sostiene l’Eni. Curiosamente, “La Stampa” critica l’Eni che porta il gas in Italia con rifornimenti sicuri e a prezzi convenienti ma non la Fiat che va a fabbricare blindati in Russia per conto dell’aborrito Putin.
Massimo Mucchetti sul “Corriere della sera” dice che South Stream si farà perché l’Eni ha a libro paga dei giornalisti – lo dice facendo finta che se lo dicano gli americani tra di loro. Allo stesso modo si potrebbe dire che l’America ha dei giornalisti a libro paga, o la Germania. O la Edison, caposaldo milanese un po' decaduto, che sempre annuncia gradi accordi di importazione dalla russia, e mai li realizza. Di cui è socio non minore la Tassara di Zaleski, che è quanto dire Bazoli, il patron del “Corriere” da un paio d'anni.
Sicuramente, l’unanimità contro un’operazione imbattibile è un riflesso condizionato della vecchia cultura cominformista che informa l’opinione pubblica in Italia, l’unico paese dove il sovietismo è in auge, al “tanto peggio tanto meglio”. Ma altrettanto sicuramente ci sono in questa concordia di rappresentazioni, oggi come cinque anni fa, all’origine del progetto, i ferocissimi appetiti delle piccole vedette lombarde dell’energia: i grossisti che vogliono taglieggiare l’Eni (vogliono garantiti i margini, cioè una rendita, senza peraotro offrire un servizio apprezzabile), oppure importare in proprio. Mucchetti ne ricorda uno, Bruno Mentasti, un amico di Berlusconi che Berlusconi portava avanti nei primi anni Duemila, lasciando Gazprom sbalordita. Mentra tace del broker più importante: A2A, la società per l'energia di Milano, che vuole anch'essa la sua parte - così come Edison, di cui A2A si vuole padrona.
Nell’analisi più dettagliata, quella dello stesso Mucchetti sul “Corriere della sera”, gli accordi per South Stream, che come tutti gli accordi si rinegoziano in continuazione nell’interesse delle parti, vengono criticati come immutabili in eterno… E si presenta Mentasti come un uomo dei russi. Mentre è – era – invece l’uomo che Berlusconi proponeva ai russi come intermediario, se non come grande importatore. I fatti essenziali vengono peraltro taciuti. Che l’Eni lavora con Gazprom ormai dal 1969, e ci ha guadagnato sempre molto. Che Gazprom è la maggiore società del gas del mondo. Che tutta Europa vorrebbe soppiantare l’Eni nel ruolo di partner privilegiato di Gazprom.
Con Mentasti, peraltro, un altro aspetto della questione va detto, che viene taciuto – anch’esso molto lombardo, anzi milanese. Bruno Mentasti, che Berlusconi voleva imporre a Medvedev, era in quell’affare il marito di sua moglie: era la signora Mentasti che aveva il cuore di Berlusconi. E non per il noto casanovismo dello stesso, ma per essere intima dell’allora signora Veronica. Del cui odio verso il marito è stata dopo qualche anno confidente con “Repubblica” e altri giornali e incitatrice. Dopo cioè che Berlusconi non aveva dato il gas della Gazprom al marito – o la provvigione in Austria tramite la Centrex, che è la stessa cosa. Una storia di piccola corruzione, e di vendette femminili, molto da “donna lombarda”.
Ma il "meglio" forse deve ancora venire, la maggiore sorpresa. Milano è città che lavora di gruppo, e dunque resta da aspettare cosà farà la Procura: arresterà i capi dell'Eni, oppure i giornalisti pagati dall'Eni? La procura è in quest'affare in colpevole ritardo.
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