Amici di liceo, di botte (politiche), di rugby, di curva Sud: il campionario dei manager scelti per le aziende del Comune di Roma dal sindaco Alemanno, che ora emerge con le inchieste sulle assunzioni di amici e parenti, caratterizza la cultura di destra al governo. Di una certa destra, quella ex neo fascista, che la lunga astinenza nella storia della Repubblica ha confinato all’inerzia, e quindi all’incapacità. è forte per questo la delusione nella cerchia della Polverini, il presidente della Regione Lazio, e tra i residui socialisti e democristiani del partito di Berlsuconi. Alemanno, che da ministro dell’Agricoltura aveva dato qualche segno di capacità politica, da sindaco si è scelto a collaboratori, invece che dei manager capaci, quali una grande città con grandi aziende richiederebbe, i camerati di una vita. Quasi che la gestione di aziende così complesse e difficili fosse una rimpatriata. Un sindaco, una delle poche cariche di governo la cui stabilità è assicurata per un quinquennio, ha un forte strumento nella scelta dei manager, cariche da 300 mila euro l’anno attorno alle quali può assemblare capaci squadre. La gestione di Roma dimostra che per l’ex Msi questo è fuori dall’orizzonte.
Il fatto che il sindaco arrivi per ultimo a capire la gravità della gestione del personale nelle aziende comunali conferma che anche il fiuto politico è scarso fra gli ex camerati di Fini, nonché la capacità gestionale – l’esperienza all’Agricoltura sarà stata accidentale, o forse è l’esito di una tecnostruttura migliore della media (tutti i ministri dell’Agricoltura da qualche anno fanno bene). Non per accidente nessuna proposta o piano, o progetto, è venuto da questi ex giovanotti nei quasi vent’anni in cui hanno girato attorno e dentro il potere. L’unica legge che si ricordi, la Bossi-Fini, è forse la peggiore nella storia della Repubblica. L’uso strumentale della giustizia è il degno complemento di questa indigenza: la Procura che si muove contro Alemanno su iniziativa di Fini.
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