giovedì 2 dicembre 2010

Tassi in rapida ascesa senza politica monetaria Ue

L’asta dei Bund tedeschi andata semideserta ieri indica che un ritorno inflattivo, dopo un decennio di protezione da parte dell’euro, è alle porte in Europa. E che non tanto i regolamenti severi e punitivi tra i paesi dell’euro, come il Meccanismo di Stabilità, possono stabilizzare la moneta europea quanto, e solo, una politica monetaria comune. Nella gestione del debito perlomeno, se non nella fiscalità. Una iniziativa in tal senso, di consolidamento parziale del debito, di copertura attraverso eurobond, di prolungamenti delle scadenze, è necessaria in tempo brevi per prevenire lo scardinamento definitivo della protezione assicurata dall’euro. Che non è tanto opera di una speculazione aggressiva, inflattivista, quanto a questo punto l’effetto di un circolo vizioso sulla protezione del risparmio.
L’asta tedesca ha registrato un esito fiacco in attesa di rendimenti superiori: il mercato dà per scontato che anche i Bund dovranno pagare di più entro breve termine. Ciò è l’effetto della debole leadership tedesca in seno all’Ue, limitata alla recriminazioni. Che è il riflesso dell’assurdo dibattito interno, limitato alla questione: quanto dobbiamo pagare noi tedeschi per l’euro, e perché? E si estrinseca nella fronda costante, radicale, del capo della Bundesbank, Axel Weber, che non nonni acconcia al ruolo di ufficio studi della sua ex Banca centrale. Oggi la Banca centrale europea ha dovuto decidere a maggioranza l’azione d contrato della speculazione con l’acquisto dei bond emessi dagli Stati membri, anche se “a maggioranza schiacciante”.
La questione, falsa, ha l’effetto, così come le tante altre false questioni allarmistiche, quali in Italia gli articoli del “Financial Times” drammatizzati dall’Ansa, la Rai, Sky, di rendere “concreta” l’attesa di tassi sempre maggiori. Ma ci sono anche ragioni di fondo nell’instabilità dell’euro, e la minaccia per la prima volta concreta di un rialzo consistente dei tassi d’interesse. Che sono già risaliti al 4 per cento per il debito italiano, al 5 e 6 per quello spagnolo, portoghese, irlandesi. La principale è l’assoluta incoerenza della Germania e della Francia rispetto a un piano reale di stabilizzazione, e cioè di europeizzazione delle politiche monetarie. E di incoerenza tra di loro, per esempio rispetto al consolidamento attraverso il mercato che il presidente della Bce, Trichet, sta tentando (che Francia e Germania stiano marciando d’accordo è favola, purtroppo, dei soli giornali italiani).

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