Il terrorismo islamico è anzitutto un fatto islamico, una guerra interna. Le bombe e i kamikaze contro le scuole, i scuola bus dei bambini, i mercati, le moschee il venerdì lo provano senza dubbio. Ma è anche antioccidentale, e da alcuni anni principalmente antieuropeo. E non contro l’Europa per il passato coloniale, ma contro l’idea di Europa. Gli assassini, le bombe, e gli attacchi suicidi non colpiscono tanto le comunità cristiane missionarie, in Turchia, in Pakistan, in Sudan, ma soprattutto quelle millenarie, i siriaci, i caldei, i maroniti, i copti, alcune radicate da più tempo che l’islam, in Egitto, Libano, Iraq.
L’Unione Europea non vuole essere cristiana. Lo ha deciso nel simulacro di costituzione che si è data, lo conferma con l’inattività totale ogni volta che un attacco del terrorismo islamico si produce contro i cristiani. Anche quando le vittime sono cittadini europei. L’inerzia è parte della più generale atonia politica dell’Unione, confermata al momento della scelta del suo superministro della politica estera e della sicurezza, l’inverosimile baronessa Ashton (erano candidati D’Alema, Blair, Felipe Gonzales e altri personaggi di ben diversa caratura). Chiudendo gli occhi di fronte al terrorismo anticristiano è come, però, se a ogni bomba o kamikaze l’Europa perdesse una battaglia: se non è cristiana, la tolleranza è comunque un valore laico, un fondamento della democrazia.
L’islam infatti è in guerra. È sempre stato esclusivo, benché versioni interessate affermino il contrario, le minoranze e le diverse fedi tollerando solo per opportunità politica. Non importa se più o meno esclusivo del cristianesimo quando questo era espansivo e imperialista: il fatto oggi, dopo il khomeinismo ma anche prima, è che aggressivo e intollerante è l’islam. Anche a costi elevati per le stesse nazioni islamiche, di vittime non solo, ma anche di commercio e di turismo, a scapito degli investimenti ingenti effettuati in questi settori, in direzione principalmente degli europei. L’imam di El Azhar, l’università del Cairo, accreditato come moderato, che critica il papa a poche ore dalla strage di Alessandria, dice quanto il revanscismo islamico, e più in terra araba, sia “normale”. Nella storica competizione tra le due sponde del Mediterraneo, d’altra parte, il terrorismo, compresa la pirateria, è sempre stato islamico e mai cristiano.
Quando occorre, l’Unione europea sa dimenticare perfino la libertà di culto, che fu all’origine della tolleranza, di cui mena vanto. È tutto dire, e attesta la stupidità politica, prima che la debolezza, dell’Unione. Ma ci sono dei limiti anche alla stupidità, mentre la baronessa Ashton sembra non averli, il ministro degli Esteri e della Sicurezza dell’Europa. Baronessa scelta peraltro non a caso dal consenso occulto che governa questa specie di Europa, a preferenza di candidati ben più capaci, D’Alema, Blair, Felipe Gonzales.
Negli attacchi islamici contro i cristiani, l’Europa può non senirsi coinvolta, ma è indubbio che i cristiani sono sotto attacco in quanto “europei”. La Germania tutta, la Gran Bretagna sottotraccia pur non dicendolo, e la Francia di Sarkozy riconoscono implicitamente la minaccia, nel momento in cui pongono dighe alla crescita della popolazione islamica al loro interno – il no all’entrata della Turchia nell’Unione Europa è un riflesso di questo timore. Per la pretesa dei loro molti residenti islamici di godere dei diritti senza alcun obbligo, come una sorta di risarcimento, benché siano stati solo beneficiati dai paesi europei da un paio di generazioni. Un revanscismo che non è terrorismo, ma lo agevola e lo giustifica.
Nessun paese può però agire in alcun modo contro il terrorismo islamico nei paesi islamici. Mentre l’Europa potrebbe: come per l’euro in economia, non c’è che una chiave europea per la politica estera e della sicurezza. E i periodi più distesi e proficui attorno al Mediterraneo si sono avuti quando le due parti si sono bilanciate. Ma non c’è Europa per la Germania oggi, per la Gran Bretagna, e per Sarkozy.
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