Spicca l’attivismo della Casa Bianca, in Tunisia prima e ora, specialmente esplicito, in Egitto. Tanto più al confronto del fragoroso silenzio dell’Europa. Dell’Unione Europea come dei singoli paesi: Italia, Francia, Spagna, Grecia, che ancora qualche anno fa si sarebbero molto preoccupati, com’è giusto, di quanto succede nei paesi arabi confinanti, consultandosi, mediando, proponendo, e ora sembra che non vedano e non odano. A parte il tifo da stadio per democrazie inafferrabili. Il commento più informato dice: “Sta cadendo un muro come nell’‘89”. Con grandi elogi e belle immagini di donne “in prima fila” – senza sapere, o dire, che sono le stesse che hanno rivoluto trent'anni fa il velo, e rifiutano da una quindicina d’anni il bilinguismo, col francese, con l’inglese, ereditato certo dal colonialismo, ma per il quale il resto del mondo, Asia, Europa, America Latina, pagherebbe.
Nessuno sembra sapere che l’esportazione della democrazia in Iraq e Afghanistan non sortisce dopo anni alcun effetto, se non la guerra civile con diecine di morti ogni giorno. Con una diferenza: per gli Usa la guerra civile in Iraq o in Afghanistan non è un problema, e nemmeno per l’Europa – in quei paesi c’è solo da dimostrare chi comanda. Ma per gli Usa non è un problema nemmeno l’instabilità del Mediterraneo del Sud, mentre l’Europa, anche questa Europa “tedesca” che solo si guarda l’ombelico, se il contagio si allarga a Libia e Algeria è già in difficoltà. I paesi del Mediterraneo subito, ma subito dopo anche gli altri paesi del’Unione. In grave difficoltà, per gli approvvigionamenti di gas e di petrolio. E domani, chissà, per una qualche democrazia islamica del tipo khomeinista alla porta di casa. Per non dire dei doveri di “equilibrio”, se non di protezione, che l’Europa ha, dovrebbe avere, nei confronti di Israele. Trascurando l’evidenza. Che per esempio in Libano, un paese che aveva un regime costituzionale e una democrazia parlamentare, l’islamizzazione forzata del paese non ha portato, da quasi quarant’anni, che guerra endemica – o non si vuol vedere per poter spendere in peacekeeping i soldi sottratti all’università?
C’è un diverso peso specifico degli Usa anche nel Mediterraneo, come in tutte le zone del globo. A loro il mondo arabo guarda con più attenzione, da almeno un trentennio, che all’Europa, falliti o abbandonati i disegni di integrazione euro-araba. Ma c’è soprattutto un gap culturale: gli Usa, pur essendo in guerra con mezzo mondo islamico, il terrorismo, il nazionalismo radicale filo palestinese, sono vicini agli arabi. Il governo americano, pur così remoto (e, nella puzza al naso europea, dilettantistico, con quegli ambasciatori alla Wikileaks), è molto meglio informato di cosa succede in quei paesi così vicini all’Europa. Conosce meglio le forze in campo. Sa come trattare con i governi, quelli in carica e quelli possibili. L’Europa non ne sa più niente, non la lingua e la cultura, e nemmeno la politica. O forse la differenza è d’intelligenza: gli Usa sanno benissimo che non esportano la democrazia, con le invasioni e i golpe, ma solo riaffermano il proprio controllo, l’Europa invece ci crede.
domenica 30 gennaio 2011
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