“Non c’è una risposta della società calabrese alla criminalità organizzata”. “Tutti vanno in macchina in Calabria”. “Con ciò non dico che non ci sia il bisogno di usare la macchina, lo stato del trasporto pubblico in Calabria è terribile”. L’intervistatore ogni tanto interloquisce, forse per tirare su l’audience: “La dromomania è un vizio dei calabresi” – a cui l’intervistato risponde: “Anch’io vado in macchina ogni giorno per molti chilometri”. Oppure: “Una denuncia molto dura della realtà calabrese”. La trasmissione è Fahrenheit del 13 gennaio, su Radio Tre. L’intervistatore è Angelo Ferracuti. L’intervistato Mauro Francesco Minervino. Dopodiché uno chiude il libro, se l’ha comprato, oppure non lo compra. Sapendo che Minervino è un signore di cinquant’anni, e antropologo di professione – benché dottorato all’Est, uno degli ultimi.
Eppure qualche sorpresa, se non l’indignazione, ancora è possibile. Si parla elitario con buona coscienza, progressista, forse senza saperlo. C’è disprezzo per la vacanza low-cost. Rosarno è una colpa e non una tragedia – Minervino ha provato a vivere vendendo le arance a venti centesimi il chilo, dopo averne pagato anche la raccolta? L’abusivismo è condannato senza più. E certo non merita di meglio. Ma non si dice che è abusivismo di necessità, giustificato e anzi patrocinato da scuole di architettura e politica molto progressiste, tra gli anni 1970 e gli anni 1980, e ora è impossibile da sradicare. La malavita è una vocazione della “società calabrese” e non una piaga soprammessa alla Calabria – il Diamat dovrebbe avere insegnato almeno questo, a distinguere (e Minervino di che società è parte?). Il conduttore addossa alla Calabria anche la corruzione politica: cita il giudizio di un console americano reso noto da Wikileaks, che si sarebbe formato la sua opinione in un viaggio in Calabria. Omettendo di dire quello che il console ha scritto: che la Calabria, non facesse parte dell'Italia, sarebbe tecnicamente fallita, con un governatore, Agazio Loiero, che «non è stato in grado di offrire nessuna soluzione alle difficoltà»…
La tesi del libro è che la Calabria è tutta un ingorgo. Specie sulla strada lungo la quale l’autore è nato, la Statale 18, che fino agli anni 1960, all’autostrada di Mancini, ogni calabrese si doveva sobbarcare con le sue innumerevoli curve e controcurve per uscire dalla regione. I calabresi, quelli della costa tirrenica, vivono ammassati su quella statale, è questo il racconto di Minervino, “un sifone che aspira e prosciuga le esistenze”. Con Pasolini, ingrediente d’obbligo: la Calabria è pasoliniana, impossibilitata alla modernizzazione. E col degrado ambientale.
L’odio-di-sé meridionale è in questo caso delirante, e non è il caso di insistere. Ma lo show su Fahrenheit è anche il solito hortus conclusus di una certa sinistra, una conversazione di cui si sa già prima che cominci che cosa sarà detto, talmente è vieta.. Compresi gli echi: Ferracuti ricorda Cettolaqualunque, Minervino Saviano, o viceversa, e così, citando Fazio e Santoro, che a loro volta citeranno Fahrenheit, oppure no, non importa, l’universo si conchiude.
Mauro Francesco Minervino, Statale 18, Fandango, pp. 220, € 15
giovedì 13 gennaio 2011
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1 commento:
l'intervistatore non era ferracuti, si confonde (si chiama tommaso giartosio e conduce farhe da una vita)- segno che chi scrive non sa neanche di cosa parla. non sono dottorato all'est, ma più modestamente in italia (anche se con il massimo dei voti). per il resto il suo scialbo commento non sfiora neanche la superiorità, l'originalità e la degnazione culturale di cui vorrebbe piccarsi. è così lontano dalla verità e dall'umanità delle storie che io racconto -per conoscenza, vicinaza e condivisione quotidiana di persone e luoghi e non per sciovinismo e sentito dire-, così pieno di un livore ideologico, così ovvio e moralisticamente risentito, che francamente non vale neanche il tempo che si perde per leggerlo. del resto da chi si travisa dietro la sigla di un blog non ci si aspetta maggiore coraggio.
inutile darsi arie: lei non è "anti", è solo un po' vile e in malafede.
m f m
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