L’asilo politico a Battisti è anzitutto un problema del Brasile. In secondo luogo di quella sinistra francese che ha patria solo in Italia, a Parigi detta anche sinistra caviale, il cui alfiere è Carla Bruni. Di questa più che di quello. Lula è stato certamente condizionato dai rapporti che i fuoriusciti brasiliani della sua generazione hanno stabilito a Parigi, la capitale che li aveva ospitati, nei lunghi anni dopo il 1963, dal suo ex ministro della giustizia Genro, uomo forte del partito, e da altri. La decisione del presidente brasiliano non è un impegno per la libertà, in neppure minima percentuale, è un caso di glamour. Come dire, Parigi val sempre bene una messa – ma laica, e non molto glamour, dalle muse che si vedono: è una Parigi che fa il verso a se stessa, con qualche italianista confuso(Sollers), qualche furbo miracolato dal pubblico italiano (Pennac, Lévy), e orfani di Mitterrand che disperatamente hanno bisogno di fare notizia, Delanoë, Hollande, Badinter, Guigou.
Per chi in qualche modo è stato vicino agi esuli brasiliani di quarant’anni fa, fossero politici o solo cantanti, è uno sberleffo e, se la questione non fosse una stronzata (l’editore italiano di Battisti e Vargas è il solito Berlusconi), un tradimento. Non può infatti che chiedersi: era il loro esilio di allora comparabile, seppure lontanamente, a quello di Battisti, protetto da Carla Bruni e Vargas? Sarebbe terribile. Non c'è possibilità di fare di Battisti un Raskolnikov, come la Vargas ambirebbe: quello di Dostoevskij uccideva per aver letto dei libri, che non è proprio il caso di Battisti, e dopo tutto alla fine capiva il male commesso.
Considerare Battisti un rifugiato politico è gettare un’ombra sull’asilo politico. Tanto più se si compara lo stato di diritto politico in Brasile con quello che, bene o male, resiste in italia – queste comparazioni sono odiose, ma non bisogna esimersi dalla realtà. Fa male che un paese come il Brasile, grande, complesso, pieno di problemi ma anche di aspettative, sia governato a capriccio, il diritto considerando un fatto di signoria. Qui non c’entra il diritto d’asilo, Battisti è un omicida plurimo con poco o nullo spessore politico, c’entra solo qualche invito all’Eliseo.
Più terribile, e certa, è l’indigenza del giornalismo italiano. E più di quello che si vuole interprete della sinistra italiana, che poi è quello dei grandi giornali, di più nome e maggiore tiratura. Ai quali dobbiamo ammirazione professa per le donne di Parigi, e la chiamata alle armi contro il Brasile. Anzi, contro Berlusconi, che, mangiatore di banane, non ha impedito a Lula il bel gesto. Se non si è venduto Battisti per gli affari di Fiat e Telecom - come se il Brasile fosse una repubblica delle banane.
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