E dunque Massimo Ponzellini è il banchiere di Bossi (“Sono io che l’ho indicato alla presidenza della Popolare di Milano”). Col quale festeggia devoto la vigilia di Natale. Indicato da Tremonti, suo estimatore da almeno un decennio, da quando lo volle al vertice della patrimonio Spa. È la vulgata recenziore, avocata peraltro da Bossi, e quindi indiscutibile: Ponzellini è l’uomo della Lega nel mondo degli affari. Ma una vita non si cancella. E Ponzellini è stato per una vita l’uomo di Prodi: al governo, a Nomisma, all’Iri, alle banche europee, Bers e Bei. Trascurato da Prodi quando fu presidente della Commissione Ue, si è rifatto negli anni Duemila con Tremonti, vice-presidente alla Patrimonio nel 2002, poi ad del Poligrafico, prima di approdare alla popolare di Milano. Nel mentre che rispolverava la vocazione familiare agli affari, figlio di un’imprenditrice del mobile (Marisa Castelli) e marito di una del caffè (Maria Segafredo), prendendo la direzione della Impregilo. Ma il vecchio legame resiste.
È d’altra parte vero che Ponzellini è arrivato al vertice della Popolare di Milano senza alcun titolo milanese, lui bolognese e molto “romano”. E su indicazione di Bossi-Tremonti. E che con Impregilo, nell’attesa del Ponte sullo Stretto che non si farà, intanto guadagna bei soldi con i ritardi, mentre si accaparra la polpa dei grandi appalti pubblici, la Salerno-Reggio Calabria, l’Alta Velocità, la Variante di valico Firenze-Bologna, l’area metropolitana di Reggio Calabria, che è una circonvallazione, tutti appalti di aziende o enti vicini al centro-destra, Anas, Autostrade, Fs. Ma è un tipico caso di destra-sinistra, o di doppia tessera, come si sarebbe detto al tempo della Prima Repubblica, quando la pratica era in voga: di democristiani che si dicevano socialdemocratici o socialisti, e di repubblicani che si dicevano democristiani.
Ponzellini fa un’analisi molto aggiornata, cioè berlusconiana, leghista, degli orientamenti politici e del voto: tutto cambia, dall’operaio di Sesto San Giovanni, la Stalingrado italiana, che vota Lega, alla Sicilia che vota compatta per un milanese, al ringiovanimento del Parlamento, alla partecipazione femminile alla politica. Resta immutato il Centro Italia, come a dire il Pci-Pds-Ds-Pd, ma in qualità di “becchino, medico terminale, assistente sociale e spirituale di un Sud che decade sempre di più e di un Nord che soffre per la burocrazia”, ha detto in un’intervista già tre anni fa. Qualità che il federalismo abbatterà: “Quando travasi il miele ti rimane sempre attaccato qualcosa alle mani: il non poter più travasare il miele, questo è il federalismo”. Ma così la pensa anche Prodi. Da qui il ruolo, di fatto se non di progetto, di Ponzellini mallevadore di Prodi al Quirinale quando la presidenza si rinnoverà fra due anni e mezzo.
Prodi non ha abbandonato la politica - il bagno di folla a Reggio Emilia oggi non è sttato casuale, c'è chi lavora per lui, e lui stesso. E' nella riserva della Repubblica, come De Gaulle diceva di se stesso, da uomo della Provvidenza. E nella costituzione non scritta il nuovo presidente della Repubblica, dopo ben due laici, Ciampi e Napolitano, non può non essere (ex) democristiano. Portato da Casini e Rutelli, Prodi non potrà non essere votato dal Pd, e ora anche dalla Lega. Mentre Berlusconi potrebbe voler concludere nel 2013 la sua avventura politica. Sicuro che Prodi al Quirinale non tollererà più lo strapotere dei giudici.
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