Il silenzio fragoroso della Confindustria di Emma Marcegaglia sul referendum tra una settimana allo stabilimento Fiat di Mirafiori indigna molti piccoli dell’organizzazione confindustriale, soprattutto del comparto Federmeccanica. C’è nel Veneto, e anche nella Bassa Lombarda, chi vorrebbe raccogliere firme per una sorta di manifesto anti Marcegaglia.
La convinzione è vasta che Marchionne non soltanto è un manager capace, ma ha anche ragione. E che gli accordi speciali in deroga che chiede per il comparto auto sono effettivamente la sola soluzione per la sua sopravvivenza, e quindi di interesse sostanziale per il sindacato. Che se le rifiuta è solo per cieco pregiudizio ideologico o per le manovre politiche di suoi dirigenti – ambizioni di cui l’appoggio che a essi dà l’ex sindacalista Cofferati sarebbe una cartina di tornasole.
A questo punto il silenzio della presidente è giudicato connivente. Non si sa per quali ragioni, ma ormai si dà per scontato che Emma Marcegaglia voglia usare la Confindustria per uno sbocco politico. Come candidata del’Udc a capo di un governo di responsabilità o unità nazionale, oppure, nel caso di adesione dell’Udc al governo Berlusconi, a quella di vice presidente del consiglio. Tutte previsioni che si fanno per scherno, ma che concorrono alla voglia di pronunciamento.
Si verificherebbe un'inedita sintonia, se non allenza, tra i piccoli, da sempre avversi alle grandi imprese che comandano in Confindustria, e il prototipo dei grandi, la Fiat. Ma non contradittoria, seppure apparentemente contorta: i piccoli sono risentiti anche contro la sorda battaglia del loro giornale, "Il Sole 24 Ore", oltre che dei grandi editori come Bazoli e De Benedetti, contro Marchionne e la Fiat proprio e solo su questo punto, sulla flessibilità contrattuale. Non per altro motivo, non ne trovano altro, che le ambizioni politiche di Marcegaglia, sostenuta da De Benedetti e Bazoli.
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