È la prospettazione di un aumento di capitale che avrebbe irritato Diego Della Valle e gli “amici azionisti” che sborsano i soldi, come ha detto. Un progetto elaborato al di fuori del consiglio d’amministrazione, come Della Valle ha voluto specificare, che invece sarà chiamato a farsene carico, se i soci vorranno mantenere gli equilibri azionariali attuali. Sull’ammontare dell’aumento non è stata fatta una cifra. Ma il fatto è dato per scontato dal mercato, e spiega la recente impennata del titolo, di quasi il 10 per cento nel corso della settimana, scontando anche condizioni di favore per gli azionisti in essere.
La posizione finanziaria netta non lo richiede: era a fine settembre a 1,036 miliardi di euro. Più o meno pari al patrimonio netto, 1,068. Ma ci arriva grazie a crediti dubbi, per 67 milioni. L’indebitamento finanziario si aggira sui 1.100 milioni, superiore quindi al patrimonio. La riduzione dell’indebitamento a medio-lungo termine, da 992 milioni a 884 nell’ultimo anno, è bilanciata da una crescita abnorme del debito a breve, da 143 a 220 milioni. Con un mol modesto, pari a 40 milioni – dopo essere stato per un paio d’anni in rosso. E costi operativi in aumento, malgrado il taglio del costo del lavoro, per il costo del denaro. Con la prospettiva confermata di denaro caro ancora per un biennio. Ma basta il rapporto di venti-trenta volte fra il debito e il mol a spingere le banche a pretendere una iniezione di nuovi capitali.
L’irrobustimento finanziario del gruppo dovrebbe consentire, nei discorsi che si vanno svolgendo attorno a via Solferino, una definizione non traumatica del riassetto redazionale che sarà necessario nelle due corazzate, il “Corriere della sera” e la “Gazzetta dello Sport”, col nuovo piano industriale. Con l’aumento, e i nuovi equilibri azionari che si determineranno, dovrebbe cambiare inoltre l’assetto operativo del gruppo. La posizione dell’ad Perricone in particolare sarebbe vacillante.
Si avrebbe un riassetto gestionale ma anche, in primo logo, di poteri. È l’aspetto delle “manovre” che Della Valle ha criticato con più veemenza e ripetutamente (“vecchie logiche bizantine”). Che per questo, per contrastare l’invadenza dell’“arzillo vecchietto”, ha tenuto nell’occasione a confermare la sua personale fiducia in Perricone. Del quale però non aveva votato in consiglio il piano industriale.
Quanto all’“arzillo vecchietto”, l’obiettivo di Della Valle sarebbe Geronzi e non Bazoli. Una ipotesi da verificare, ma se così fosse, ed è probabile, sotto attacco non sarebbe la gestione del quotidiano di via Solferino ma la ex galassia Mediobanca, con Unicredit da un lato e Generali dall’altra. Una opinione credibile vuole che Della Valle sia il grimaldello di Bazoli contro ciò che resta dell’impero di Cuccia e non il suo critico.
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