Claudio Magris non si discosta, e quindi la metastasi potrebbe essere generale e irreversibile: “Il terrorismo cosiddetto rosso è stato peraltro un fenomeno non molto rilevante della storia recente dell’Italia”. Ma il linguaggio è della Rai: sedicente, presunto, condannato (a tre ergastoli!) perché ritenuto colpevole, è soprattutto la Rai, come da tradizione, che rispolvera per Battisti il linguaggio di Pilato.
La giustizia non è mai certa. Ma la giustizia non c’entra, l’arcano della verità – dell’equanimità, dell’imparzialità, la giustizia giusta. Né la Rai lo pretende: non ne fa una questione di giustizia, alla quale non mostra alcun interesse, solo di vaghezza opportunistica. Quanto basta a indurre l’ascoltatore in depressione, prima del canone la Rai esige l’induzione alla schiavitù. Non dice naturalmente che Battisti è innocente, o che non era brigatista, insinua il dubbio. Non lo dice non per opportunismo, o per viltà, non lo dice per eliminare ogni traccia di realtà, di possibilità di giudizio. Più che al canone, la Rai assoggetta l’Italia all’incertezza, fattuale, morale, politica.
Nulla di nuovo, è il solito raiume che si aggiorna, dell’essere e non essere, del qui lo dico qui lo nego, del siamo tutti poveri, tutti sfortunati, tutti senza lavoro, che nessuno ci dà, e quindi tutti inermi, ma del posto in video che il giudice di Roma amico garantisce a vita, e del centro, grande o piccolo, o magari solo casiniano, imperituro. “Dare” il lavoro, qui il linguaggio è, involontariamente, esplicito. È una chiave di potere – di lettura, d’interpretazione, di comunicazione - democristiana? Ma i democristiani non ci sono più, né c’erano prima – prima di De Gasperi. È una chiave chiesastica. Quella della chiesa fino a un’epoca già remota, prima di Giovanni XXIII, ma evidentemente la Rai non si è aggiornata.
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