domenica 16 gennaio 2011

Sì, pochi – per la Fiat fuori dall'Italia?

Il mercato punta sulla Fiat, ma non necessariamente sulla Fiat a Torino. Che anzi potrebbe essere abbandonata entro l’anno, prima dell’annunciato investimento con Chrysler. La piazza scommette che lunedì alla ripresa delle contrattazioni la Fiat sarà premiata, ma non per l’esito del referendum, considerato deludente. O meglio sì: ma per l’esito del referendum come ultimo passo prima dell’abbandono di Mirafiori, e chissà dell’Italia, verso luoghi di produzione più convenienti, a parità di qualità.
La previsione origina dalla mancata partecipazione della famiglia Agnelli e dello stesso Marchionne alla campagna per il sì, se non in funzione antagonista: “Votate come volete, non ci interessa”. Lasciando al solo sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, l’onere di spiegare che l’accordo è in linea con gli altri accordi europei, risponde al sindacalismo europeo aggiornato, e garantisce la retribuzione insieme col lavoro – ai dipendenti della Fiat e alle innumerevoli aziende del comparto che lavorano in Italia per la Fiat. Di fronte al quale i deboli argomenti della Fiom hanno fatto la parte del leone, sui media e al voto. Rilanciando e non azzittendo il partito del no, che ora vorrà riaprire la trattativa – “riaprire la trattativa” è lo spauracchio di ogni management.
Nel referendum, insomma, la Fiat avrebbe agito come se non fosse realmente interessata al sì ma piuttosto al no. L’Italia, si dice, è in questa nuova fase mondiale sono un mercato, anche se consistente, da mezzo milione di unità vendute l’anno. Che sarebbe però più conveniente produrre altrove – ormai la qualità del lavoro nelle produzioni meccaniche è a livelli competitivi ovunque. Già oggi Fiat-Chrysler è un gruppo più americano che italiano, insomma multinazionale - italiano quanto basta per mantenere la quota di mercato, dimezzata in pochi anni ma ancora superiore a un quarto.
Nel referendum la Fiat avrebbe sperimentato anche l’isolamento di fatto dell’azienda in Italia. All’interno della Confindustria e nel mondo politico (ha avuto il sostegno del governo, ma la Fiat degli Elkann è da tempo in radicale opposizione a Berlusconi).

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