Mentre è sospeso il giudizio sull’alleanza elettorale con Fini proposta da D’Alema e Bersani, c’è la quasi unanimità al vertice del Pd su una presa di distanza da Procuratori e Procure che sono giudicate eccessivamente finiane – oltre che da Di Pietro. In particolare dal capo della Procura di Roma, Ferrara, da quello di Firenze, Quattrocchi, e dai Procuratori vicari di Palermo e Milano, Ingroia e Boccassini. A Milano, dove è aperto un fronte sensibile contro Berlusconi, c’è fiducia che il capo della Procura Bruti Liberati saprà gestire il caso Ruby senza danni. Ci sono dubbi invece sulle inchieste di Firenze e Perugia sui Grandi Lavori, e su quelle di Roma sulla P 3, Finmeccanica e il caso “Giornale”.
Il dissenso è sempre aperto, rispetto alla gestione Bersani-D’Alema, dei veltroniani e degli ex Popolari sull’alleanza elettorale con Fini. A molti ripugna l’idea di fare campagna elettorale con gli ex fascisti, e magari votarli là dove la desistenza giocherà a favore dei candidati di Fini. Molti voti democratici, si ritiene, potrebbero defluire favore della sinistra di Vendola. Ma sul piano giudiziario c’è concordia su una posizione di attesa, e anche di dissociazione, con l’eccezione di Franceschini e Rosy Bindi.
Il dissenso si è generalizzato dopo le recenti iniziative del Procuratore di Roma Ferrara. Che ha proposto di non indagare Fini per la casa di Montecarlo, e di indagare invece Frattini, che su quella casa si è limitato a mandargli i documenti, non sollecitati, ricevuti da St.Lucia. E ha messo in opera, senza avere aperto alcuna indagine giudiziaria e senza alcun indizio di reato, una serie di perquisizioni, col denudamento degli inquisiti, attraverso una magistrata che si ritiene a lui vicina, Silvia Sereni, senza il “rispetto della dignità e del pudore” che il codice prescrive. Senza flagranza di reato, senza avere aperto un indagine giudiziaria, e senza un indizio di reato.
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