A Milano un’inchiesta dichiaratamente politica contro il governo. A Roma il presidente della Camera Fini che accusa di corruzione i suoi parlamentari, e il presidente del consiglio. Il presidente della Repubblca non ha avuto parole: s’immagina per lo sconcerto. Ma è un politico navigato, e forse è solo per pusillanimità. Il giudizio ingeneroso è di un amico di vecchia data del presidente, un amico politico, che ricorda i “tropi casi” in cui Napolitano avrebbe potuto dare una svolta al Pci e alla politica italiana, e non lo fece.
In realtà Napolitano resta sempre il presidente garantista. Che a tutti i costi non vuole passare per quello che scioglie i Parlamenti. E sa non da ora che ci sono troppe forze eversive che il berlusconismo addomestica. A suo tempo l’estrema destra, e sempre la Lega. I cui istinti animali restano sempre in agguato, come la sceneggiata sulla festa dell’unità conferma.
Ma le beghe caratteriali e storiche sul destino incompiuto del Pci non incidono: è Fini a sconcertare politici e cronisti, anche suoi fans. Che lo scoprono “indeciso” e “incapace”. E come lui gli Urso e i Ronchi, inetti come ministri e, si scopre, anche come politici, spazzati via da un Bocchino. Fini, insomma, non farebbe che scivolare, dal piedistallo che in un copo di genio si era eretto sfidando Berlusconi – non sarà che la sua personale Repubblica produce troppe bucce di banane? Il presidnete della Camera che dice corrotti Moffa e Pontone si è isolato da solo.
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