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mercoledì 23 febbraio 2011

Letture - 54

letterautore 

Baudelaire – L’estrema intelligenza, Sherlock Holmes direbbe l’intuizione, col sentimentalismo adolescente. Nella dipendenza dalla madre, anche sotto la forma di energiche amanti. 

 Freud – Edipo è in Hölderlin all’origine del “peccato infinito”, quello di “interpretare” senza fine, senza regola e senza accumulazione. Ben più persuasivo che volersi fare la mamma – è il “peccato infinito”, in piccolo, pure del freudismo: interpretarsi senza costrutto. 

Intellettuale – Il poeta, lo scrittore, l’artista, ma anche lo storico e il filosofo, l’intellettuale in genere parla prolisso e concitato, in pubblico. Come se avesse sempre molto altro da dire. L’uomo d’azione, imprenditore, tecnico, è misurato: risponde alle domande, resta in tema. Poiché la formazione è mediamente dello stesso livello nei due casi, da che discende l’ansia dell’intellettuale, il cui mestiere peraltro è di usare le parole? Dalla solitudine? Dall’inafferrabilità del successo critico, l’unico suo riscontro e metro? Dall’ambizione sterminata – l’intellettuale punta al genio?

Italiano - È appestato, nel Novecento e nel Millennio, da alcune forme vuote, persistenti: - enfasi: i titoli pomposi della bellicosità fascista (ritmi, assonanze, figure retoriche) permangono nei giornali (“l’Unità”, “Repubblica”) dell’ex Pci e nella pubblicistica collegata, pur nella modesta Italia repubblicana; - burocratismo: esemplare G.C.Ferretti sulla (mancata) pubblicazione del “Gattopardo”, con le “responsabilità”, l’“io l’avevo detto”, l’“io non volevo dire”; - notabilato: lirismo soffuso, allusione, erudizione, elzevirisimo, linguaggio di gruppo o casta, i Grandi Sistemi dell’Acqua Calda. L’Italia operosa e inventiva non ha buttato definitivamente via, neanch’essa, queste espressioni. È il problema della cultura, che a essa sopravvive, emarginata. Auto emarginata: l’insolenza è grande della società intellettuale, o dei belli-e-buoni, nei confronti del Paese, anche se sempre più ignorante, ridotta alle comparazioni con le proprie vacanze intelligenti (sa più della Libia un trivellatore ai pozzi di petrolio che i tanti scienziati politici che si esibiscono ai talk show). Non c’è raccordo fra il Paese e la sua cultura, quella contemporanea. La letteratura è un piacere, seppure solitario. In Italia è una sofferenza – o un’occupazione senile. L’italiano al suo meglio, nella cura letteraria, è una forma di ostilità permanente. Non da ora: è sempre stato tempo di “esplosioni” del linguaggio in Italia, in tutte le epoche. Non è spirito d’avanguardia, d’innovazione (stilistica, critica, espressiva). Non è sfiducia nel linguaggio. Non è nemmeno il desiderio banale di novità. È un atteggiamento mentale di generica irrisione, senza un’effettiva voglia di raccontare, rappresentare, esprimere – con pochissime eccezioni fra i quasi contemporanei: i siciliani e Moravia. E poiché è un vizio che si accompagna ad altre manifestazioni senili, il clan, la protervia, la paranoia, il cinismo equalizzatore (Pitigrili è Dante, Oscaldo Soriano è Hammett o Faulkner), ecco perché il senso il stantio e di vecchio in una letteratura che pure è piena di artifici. Anche il celebrazionismo, il culto dei morti, è espressione della stessa tendenza. E la disattenzione dei critici, incapaci ormai più di leggere, perché ogni curiosità è spenta. O è spento ogni motivo di curiosità, che è la stessa cosa. Per la caduta del Muro (delle ideologie)?

Kafka – Ha una sola lettura, quella di Max Brod. Mentre ha anche una distinta vena comica.

Libro- È lettura, lo stesso libro è diverso a ogni lettura. È una mostra di parole, volatile all’occhio della mente. Non è un maestro, dice Borges ne “Il culto dei libri”, perché “il maestro scegli il discepolo, ma il libro non sceglie i suoi lettori”.

   Lingua - È la memoria e la vera storia. Ma è diversificata, nel tempo e diacronicamente, per zona geografica o urbana, per ceto o istruzione, per età, per genere, e irriducibile. Ha sempre bisogno del vocabolario – non ci sono parole che definiscano se stesse con immediatezza, senza mediazioni – e i vocabolari sono diversi l’uno dall’altro. Anche la traduzione non è meno arbitraria della lettura – è una componente della scrittura: si può fare con comodi dizionari, ma anch’essi diversi l’uno dall’altro. È, nella frammentazione, persistente: muta con estrema lentezza. Secondo Pasolini per una furba mimesi dei comportamenti-eventi. È invece l’evento più restio a modernizzarsi (sradicarsi). L’innovazione può essere filologica, morfologica, sintattica anche, ma difficilmente linguistica. La lingua si accompagna alla forma mentis, il cui asse costitutivo ha radici centenarie e tronco solido benché fantasmatico. L’Ordine di Malta aveva organizzato l’isola secondo le Lingue: Lingua d’Italia, Lingua di Francia, Lingua di Castiglia, etc. Il cosmopolitismo supera la Babele se si fonda su di essa. La comunità di linguaggio del meridionale con gli arabi e gli africani, malgrado la non conoscenza delle rispettive lingue. Meglio di qualsiasi altro straniero non meridionale che abbia risieduto a lungo in Africa e Medio Oriente e ne parli le lingue. L’incomunicabilità invece del Sud con molte province italiane del Nord. Il caso degli italiani d’America – De Niro può dire: “Il mio italiano non è quello che parlate voi”. Copola riesce a farli parlare nel “Padrino” con accenti locali più che regionali, e con inflessioni diverse per i diversi paesi di origine, che ne denotano anche i caratteri. Il caso degli Hutterer, e delle altre comunità tedesche sparse nel Settecento per l’Europa e le Americhe: non parlano la lingua ma pensano ancore tedesco. Le comunità sradicate mantengono più a lungo, e spesso conservano musealmente, le forme espressive d’origine, che sul tronco principale sono nel frattempo evolute. 

Th. Mann - Esteta e opportunista. Per i fatti evidenti della biografia. Che sono ininfluenti, certo, nella valutazione dell’opera, ma nel suo caso si riflettono nella scrittura, per questo algida. L’eccesso (la “peste”, o contagio, l’incesto, l’omosessualità) è tema del tempo, si giustifica in un opportunismo “sano”, di appartenenza al tempo. Ma la duplice natura ch’egli assume del tedesco, fra Est e Ovest, o l’irriverenza antpp0isemita, sono delle irritazioni o sofferenze posticce per uno che è in tutto un occidentale, e ha sposato donna ebrea, con la quale ha fatto molti figli. Sono dei drammi freddi. La duplice natura è anche la ricerca di un peccato originale tedesco, una scusante cioè, un errore della storia. Meglio (onesto, simpatico) sarebbe stato un nazionalismo dichiarato. 

Romanticismo - È femminile. Il personaggio è femminile, fino a Bovary e Tosca, con contorno d’imbecilli. Anche se gli scrittori sono in prevalenza uomini. Anche se romantici in senso corrente sono gli uomini e non le donne: quanto del sentimentalismo va al ruolo del cacciatore, e quanto all’insicurezza della preda? Si ama l’amore, e il cacciatore si riempie di se stesso, del proprio impeto, mentre la preda riflette, calcola, elabora tattiche e strategie L’idea romantica della donne è opera tarda di donne (d’Aulnoy, Lafayette), i pastiches cavallereschi, e anche quelli dei trovatori, sono molto porno. E di testa: di donne francesi, d’esprit. Quale differenza tra i film “nouvelle vague” e “La Traviata”, posto sia in questa che in quelli manca un’ironica intenzione, un’estraniazione anche minima?

Pianto – Gli uomini piangono molto nell’“Iliade”. E anche nell’“Odissea”. Poi non più.

Pirandello – Ha la biografia più interessante, ma meno frequentata: la successione di nevrosi familiari, compreso l’ultimo amore “virginale” con Marta Abba, tirannica, lo sradicamento, tra la Sicilia e la Germania, gli studi in Germania, la fama. 

Sade – Sono gli scritti che ne hanno reso la vita provinciale, e i pochi ridicoli incidenti occorsigli, un misfatto e uno scandalo. Era invece conservatore, quindi convenzionale. Scrive per accumulo: non per convincere o ma per nauseare. È vero che la pornografia è ripetitiva. Ma lo è in quanto è cattiva scrittura, come di ogni altro genere di consumo, è rigaggio. Mentre Sade non scriveva per il consumo. È, vuole essere, “cattivo scrittore” perché usa la pornografia come un grido di sarcasmo e una clava. Il moralismo è, nella lubricità, fortissimo. Non è sbagliato vedere nella “Philosophie dans le boudoir” (Donald Thomas, “The Marquis of Sade”, 130-131) una parodia della “Repubblica” di Platone e una satira della religione della Natura di Robespierre. Ma è anche l’illuminista più radicale, quindi il più conseguente filosofo della natura, nelle opere e nel poema “La vérité”: una natura che tutto consente, anche i delitti.

letterautore@antiit.eu

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