Potrebbe un italiano alla presidenza della Banca centrale europea costituire un argine più solido per la tenuta dell’euro in caso di crisi politica italiana? È l’ipotesi su cui sta ragionando la Farnesina, per poter proporre in chiave diplomatica la candidatura di Mario Draghi al vertice della Bce in autunno.
Il ministero degli Esteri lavora sull’ipotesi che: 1) il governo resterà paralizzato, a) per le divisioni istituzionali, b) per le divisioni politiche, c) per le iniziative della magistratura, d) per questi tre fattori in concomitanza. E che: 2) la speculazione punterà sul debito italiano. Un’ipotesi drammatica, che si giustifica col fatto che un attacco al debito italiano sarebbe più catastrofico per l’euro di qualsiasi altro scenario negativo finora configurato.
L’idea è di fare di questa debolezza un punto di forza, per l’Italia e per la candidatura italiana a capo della Bce. I primi approcci non sono stati incoraggianti. In prima istanza, nessuno vuole pensare possibile un’ipotesi del genere. Si ritiene anzi che l’accettazione fra un mese, in tutto o in parte, del piano tedesco di rientro dal debito dovrebbe rafforzare l’euro anche in caso di crisi politica in Italia. In ogni caso, si ritiene che l’Italia farà come sempre, con questo governo o con un altro, quello che deve fare, tagliando le spese e aumentando le tasse. Ma, soprattutto, si obietta che in caso di crisi del debito italiano sarebbe opportuno che a capo della Bce non ci fosse un italiano.
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