Fare guerra a un paese confinante per “esportare la democrazia” sarà una prima assoluta. Ci sono molte resistenze al ministero degli Esteri all’avventura in cui il ministro Frattini si è cacciato in Libia. Finora la democrazia era stata “esportata” in paesi remoti, il Libano, la Somalia, l’Afghanistan, l’Iraq. Con l’Italia recalcitrante, si dice: al carro sì ma con impegno minimo, su mandati Onu, eccetera. Mentre Frattini si sarebbe spinto a patrocinare il golpe contro Gheddafi, seppure indirettamente, per gli indubbi contatti con Mohammed Abdelrahman Shalgam, l’ex ambasciatore a Roma ed ex ministro degli Esteri, rappresentante della Libia all’Onu.
Un precedente per la verità c’è, la guerra alla Serbia dodici anni fa, paese anch’esso allora confinante tramite il Montenegro, promossa da D’Alema e Scalfaro. Mentre Frattini non si capisce se è alla testa o alla coda della minaccia europea di guerra alla Libia. Nella lettera odierna di giustificazione al “Corriere della sera”, pur profondendosi nelle espressioni di prammatica sulla libertà inviolabile, áncora l’intervento europeo all’unanimità. Cioè lo esclude, accertato che la Germania non intende marciare con Sarkozy, e che né la Grecia, né Malta né Cipro si presteranno alla fine a fare da base avanzata – una base avanzata sarà necessaria per l’attacco areo-navale su cui Sarkozy e Obama insistono.
Se non c’è un errore, un passo falso è comunque stato compiuto. Indubbio è che la Libia è a tutti gli effetti un paese confinante. E che è stato sempre finora un paese amico, malgrado il passato coloniale e le intemperanze di Gheddafi. L’Italia conta per un quarto delle esportazioni libiche (petrolio e gas), ma ancora di più per le importazioni, coprendo da sempre almeno un terzo di tutti i beni e i servizi che la Libia compra all’estero, dai chiodi alle cure mediche nelle cliniche romane. Due miliardi di euro l’anno prima della crisi. Quasi la metà delle importazioni se si tolgono dal calcolo gli acquisti obbligati dai paesi di confine terrestre, Tunisia e Egitto. Quattro volte quanto vende in Libia la Germania, il secondo fornitore. Con beneficio di imprese grandi e piccole. Grandissimo per l’Eni – la Libia rappresenta circa un quarto degli utili del gruppo petrolifero (il dato è celato nelle pieghe del bilancio ma è notorio).
È peraltro un rapporto che la Francia ha sempre invidiato, quali che siano oggi le ragioni dell’oltranzismo di Sarkozy. Parigi si era spinta al tempo di Giscard d’Estaing, seconda metà degli anni Settanta, a promettere gli ambitissimi Mirage, pur di sostituirsi all’Italia. Minaccia poi disinnescata da Craxi col suo successore Mitterrand.
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