astolfo
Duemila – Il terzo millennio è cominciato non diversamente dal secondo: nell’incertezza e l’insocievolezza, perfino la peste ha continuato ad aggirarsi minacciosa, ogni anno in varie forme. Si era ritenuto di dedicare il terzo millennio all’immaterialità, considerando la fame sconfitta se non la malattia, e alla riflessione: ricostituzione dell’equilibrio naturale, riorganizzazione sociale, stabilizzazione emotiva e psicologica, approfondimento a allargamento culturale. Una sorta di eden. Mentre è una giungla perversa, perfino forsennata.
Europa – È impressionante – sarà un monstruum per il futuro storico – come sia diventata in breve una piccola cosa, un mercato regionale, grande e ricco ma non più influente della sua dimensione geografica, che è sempre stata piccola. Le decolonizzazione e la Comunità hanno portato l’Europa, dopo tremila anni di egemonia, all’isolamento. L’Africa mantiene qualche legame per via dell’emigrazione, ma malvolentieri: dalla Somalia all’Egitto la stella è l’America. In Sud America e in Oceania l’Europa si è letteralmente cancellata.
La caduta del comunismo ha accentuato la regressione. Era l’ultimo impero europeo, e l’ultimo messaggio. Come avvenimento, la caduta del 1989 non ha peraltro superato in curiosità, in Africa, in America Latina, in Oceania, nella grande Asia, un qualsiasi colpo di Stato nel Centro America o nel Medio oriente.
Fascismo – È, si tralasci l’Italia,la capacità di mettere ai margini le idee buone (la giustizia, la democrazia, l’uguaglianza), attraverso la violenza oppure la circuizione. Una ricetta oggi diffusissima. La strumentazione può essere totalitaria oppure democratica, la base è sempre la popolarità.
Famiglia - È femminile, avendo ribaltato i ruoli. Non solo affettivi e pedagogici ma anche, in buona misura, economici. Con una differenza: mentre nella famiglia maschile la donna aveva e manteneva un suo ruolo, se non altro come genitrice e nutrice, ora l’uomo non ha alcun ruolo. Qualsiasi educatore lo sa a scuola, dove gli allievi sono costituzionalmente incapaci di disciplina, prima che perversi, o ribelli, o deviati, etc. Qualsiasi parroco lo vede all’oratorio e in chiesa, qualsiasi datore di lavoro nelle prime occupazioni. E infine qualsiasi donna quando comincia a innamorarsi o pensa di mettere su famiglia. Il circolo si è già chiuso.
Germania – Kultur come erudizione, garbo, cosmopolitismo? Non più. Come senso degli affari, iniziativa, rispetto degli impegni, alla maniera americana? No, di più: è cultura della differenza. Che oggi è mancanza.
La riunificazione non ha fatto “ritrovare” i tedeschi, non li aiutati a ricomporsi, a ricomporre se stessi. Al contrario, i problemi del presente (dopo la riunificazione la globalizzazione, la delocalizzazione, l’euro) hanno accentuato la rimozione del passato. E il tedesco ha le vertigini: senza storia non ha più equilibrio, senza punti di riferimento assodati.
Guerra– Banalizzata dalla televisione, continua tuttavia a far paura ai molti, perché remota, inaccessibile. Si penserebbe la guerra remota meno paurosa, poiché tiene lontano il danno, e invece no, dà la misura dei limiti della politica. Dà a ognuno la misura della propria inesistenza politica.
Quella alla Libia, come già alla Serbia, è specialmente paurosa perché è esercizio di odio puro, o disprezzo, senza finalità pratiche – anzi con qualche costo.
Italiano – Nell’eterno dissidio con la Francia, le due “sorelle latine”, curiosamente ritornante a ogni angolo della storia, si riflettono due nazioni in realtà molto distinte. In ragione inversa della loro storia. Caratteri diversissimi (modi di essere e di pensare) sono omologati in Francia da un linguaggio nazionale ferreo. Gli italiani invece, che sembrano molto diversi fra di loro, sono molto simili nel carattere, nella psicologia, nel subconscio, da Cuneo a Canicattì. Ma hanno linguaggi estremamente diversificati e perfino non conciliabili – il problema non era di fare gli italiani ma l’italiano.
È dominato dalla passione, dice Stendhal, dal capriccio, dalla fantasia. Una piacevole dote e una condanna. Ma più forte è la continuità. Nella storia e nel territorio. Anche se strana, bizzarra perfino negli accadimenti spesso sconvolgenti, le divisioni persistenti, le incompatibilità sempre più accentuate, perfino negli odi. La continuità è tuttavia nell’unità: è l’effetto unificante della lingua.
Mediterraneo – La riscrittura della storia negli ultimi cinque secoli, in conseguenza della Riforma e della fuga da Roma, con la serie infinita di abiure imposte e richieste di perdono per gli errori (che tali peraltro non sono in chiave comparativa: quanti orrori nel protestantesimo!), ha comportato non solo la squalifica della chiesa al di là dei suoi demeriti, ma anche quella del Mediterraneo. È la Riforma, più che le scoperte, ad avere emarginato il Mediterraneo.
La riprova è nel destino infelice di Spagna e Portogallo, potenze anch’esse atlantiche, e prima della Riforma meglio piazzate nelle scoperte rispetto all’Olanda e all’Inghilterra un secolo dopo. In conseguenza della Riforma, la chiesa è riuscita a recintare l’Italia, la Spagna e il Portogallo, ma anche i riformati hanno steso un cordone sanitario, dottrinale e pratico, sopra il Mediterraneo. Dei paesi cattolici hanno prosperato la Francia e l’impero asburgico, potenze continentali
più che mediterranee, che peraltro si tenevano a cavaliere, con gli ugonotti, i libertini, gli illuminati, il giuseppinismo, della Riforma.
Da ricco ch’era, e considerato, il Mediterraneo è diventato d’improvviso povero, e non considerato. Con la perdita quasi in contemporanea dell’autostima, come oggi si dice, di ogni considerazione di sé. Le ultime idee buone dell’Italia, i Comuni e il Rinascimento, sono “opera” di due svizzeri, Sismondi e Burckardt. L’unico apprezzamento della mentalità pietistico-cattolica si deve a un tedesco, Max Weber, che conosceva bene la latinità. E la rivitalizzazione del mondo greco, qualsiasi cosa esso fosse, si deve a due tedeschi, uno ispirato all’antichità, Nietzsche, e uno di formazione cattolica, Heidegger. Ma col ridicolo tentativo – molto “riformato” – di saltare la storia e fare dei greci, dei filosofi greci non dei pastori di capre, i progenitori dei tedeschi, il nazionalismo può facilmente essere ridicolo.
Il disprezzo del Sud è ipermoltiplicato nell’ultimo quarto di secolo. È un pregiudizio: si applica già a chi abita al pianterreno rispetto a chi abita all’attico, e alle persone basse di stature rispetto a quelle alte. Come tale potrebbe quindi rovesciarsi d’improvviso: le persone brune, per esempio, sono ritenute più sane di quelle pallide, oggi rispetto a uno-due decenni fa. Ma la tendenza resta solida.
L’unico filone vivo del Mediterraneo è il rinato ebraismo. Mette insieme il fondamentalismo, cioè il recupero totale della tradizione, con il suo opposto, il modernismo, anzi con una sorta di bulimia delle novità. È rinascente, quindi pieno di energia e di stimoli. Se si confermerà un fenomeno mediterraneo, il che però è dubbio. È nato in Germania e viene dall’America - dall’America come luogo culturale più che geografico: l’università di Gerusalemme potrebbe trovarsi nella Nuova Inghilterra. Tende anche a saltare la sua millenaria storia mediterranea – latina e cristiana.
Riforma – L’uomo della riforma è l’uomo divinizzato del Rinascimento. Divinizzato più propriamente, attraverso la fede e la grazia e non attraverso l’erudizione e Orazio – l’erudizione certo non manca, nel culto della parola sacra. È l’uomo pre-Copernico, ancora tolemaico: l’uomo della Riforma è come quello del Rinascimento sempre al centro dell’universo.
O anche. È l’uomo copernicano nel senso più vero, se non più proprio. Copernico, Galileo danno l’orgoglio di possedere il mondo – di capirlo, cioè di dominarlo.
astolfo@antiit.eu
venerdì 25 marzo 2011
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