Scontata la mancata manomissione del bonapartismo che governa il mondo arabo, nelle repubbliche e nei regni, che anzi si consolida, a partire dall’Egitto, il sostegno occidentale, o euro-americano, alla sovversione nelle piazze ha aperto una serie d’instabilità. La prima, secondo una riflessione corrente nei centri di elaborazione strategica, potrebbe essere un riarmo incontrollato. Il regime libico essendo stato messo sotto pressione e infine attaccato dopo che aveva accettato le ispezioni internazionali sul’avvenuta rimozione di armi chimiche e missili Scud (i famosi “missili inutili”, a corta gittata, fino a 300 km., e imprecisi, che l’ex Urss spargeva a profusione nel mondo arabo). La seconda riguarda l’immigrazione.
La Libia è la frontiera dell’Italia e dell’Europa con le aree d’immigrazione. Il paese dalle sei frontiere desertiche, via di transito agevole per tutta l’Africa e per il Golfo – su cui incombe per antico cabotaggio il subcontinente indiano: un paio di miliardi di persone. Proprio per questo motivo, solo sei anni era stato revocato l’embargo sulle forniture di armi alla Libia. Su iniziativa dell’Italia, interessata a dotare la Libia di aerei ricognitori e motovedette in grado di controllare, se non di frenare, l’immigrazione clandestina.
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