Fra i tanti appelli di Napolitano, uno si degnala per l’assenza. E non da oggi. Una parola di comprensione, se non un aiuto tangibile e un ‘organizzazione efficiente, per i cinquemila italiani di Lampedusa che da un paio di mesi non vivono più. E che il governo voleva anche occupare con una tendopoli: Lampedusa cioè peggio della Libia, dove perlomeno l’Onu non consente di sbarcare. In questi giorni di feste e entusiasmi per il tricolore e l’unità, prim’attore il primo cittadino, questa questione viva dell’italianità stessa dà fastidio: l’italianità si vuole tricche e ballacche.
Ma è giusto dire che, nonché Napolitano, nessuno va a Pantelleria. Giusto Margherita Boniver, che c’entra poco, e giusto per vedere come vanno gli appalti dei lavori. E la polizia giudiziaria, che i giudici di Agrigento mandano a notificare periodiche accuse al sindaco dell’isola, l’attività principale e anzi unica di quella Procura – in attesa che Berlusconi liberi qualche seggio di parlamentare? Ah, e naturalmente tutte le anime belle, le caritas, i preti, le onu dei profughi, tutto il business della cooperazione allo sviluppo e dell’accoglienza, in larga misura padano, dove ci sono soldi c’è sempre un volontario al di sopra dell’Appennino, sia pure in quel’isola africana, e i democratici senza altra idea, che quella di farsi belli sulla pelle degli altri, e anzi un po’ disprezzandoli – vuoi mettere un bel ragazzo tunisino con la madre di famiglia lampedusana? Traffico di carne umana? La Tunisia è ora democratica, dopo la rivoluzione in piazza, eccetera.
C’è molta approssimazione, certo, e confusione più che malanimo. Ma la superficialità allora è proprio italiana? Si può capire che i primi pensieri della politica italiana, quando si sveglia la mattina, siano per Ruby: manterrà la ragazza le promesse? Ma nel prosieguo della giornata cosa fa questa politica, cosa fa la Rai, cosa fanno gli italiani, oltre ad ascoltare la perfida Rai?
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