Si ripubblica Mandeville, “La favola delle api”, con prefazione di Carlo De Benedetti. Il teorico dei “vizi privati pubbliche virtù” meglio si attaglierebbe però al Nemico Berlusconi: De Benedetti ha tentato la stessa strada, ma l’ha fallita quasi ovunque - anzi, con una sola eccezione: Omnitel. Benché con qualche vizio in più, come lo strozzinaggio, su Calvi, per esempio, e su Caracciolo e Scalfari. Ma anche qui con vistosi fallimenti, il più noto su Formenton e Leonardo Mondadori.
Pubblicare la “Favola” come se fosse un testo ritrovato, mentre è stata disponibile fino a qualche anno fa in edizione economica per le scuole, è un vizio minore.
Caso Why Not, De Magistris non va dal giudice e invoca il legittimo impedimento. La cosa non fa notizia per molti giornali, e invece è importante: chiamato a rispondere delle intercettazioni abusive di alcuni parlamentari, tra essi Prodi e Mastella, l’ex magistrato non si presenta – il suo legittimo impedimento è l’impegno di parlamentare a Bruxelles, dove non va mai.
Tre anni di scandali, incancellabili, e la Procura di Firenze finalmente trova il colpevole, Salvatore Ligresti. Lo scandalo è quello dell'area di Castello, di proprietà della Fondiaria, e quindi della Sai, ma lottizzato con sicure tangenti dalle giunte di Firenze. Tutta la città lo sa e ne parla. Ora finalmente la Procura, che il Procuratore Capo Quattrocchi gestisce con imparzialità e inflessibilità, ha trovato il colpevole: Ligresti. Che non c'entra, né personalmente né come società.
I due avvocati deputati di Fini, Consolo e Bongiorno, surclassano in reddito tutti gli altri avvocati, e quasi tutti i deputati, meno Berlusconi e altri tre. Naturalmente il partito di Fini non è il partito dei giudici.
Potrebbe essere una sceneggiata napoletana, benché tra N.H., quella tra l’onorevole Bocchino, il giovane di bottega di Fini, e la moglie passatella, sugli amori extraconiugali del marito. Con dichiarazioni, interviste, talkshow. E invece Fazio la illustra contrito alla sua tribuna di successo “Che tempo che fa”. Neanche questo è nuovo, Fazio è noto. Ma che tempo fa per i democratici?
Nessuna pietà da Fazio per la signorina Carfagna, presa e lasciata dai coniugi Bocchino, dall’onorevole definita “un errore”. Ma questa, più che ipocrisia, è l’albagia napoletana.
Massimo Gramellini va da Fazio e insieme irridono la proposta di Frattini di rimpatriare i tunisini con un regale do 1.500 euro. Trascurando di dire che la cosa fu inventata da Napolitano, quando era ministro dell’Interno. Col capo della Polizia Parisi, rimpatriavano gli albanesi col pacco dono degli abitanti di Brindisi, e 50 mila lire. In aereo, è vero, invece che con la nave.
Dice il “Corriere della sera” di venerdì, sia pure per l’autorità di Severino Salvemini, che “per i grandi investitori Bogotà vale più di Parigi o Londra”. Dobbiamo proprio credere a tutto?
Napolitano ha messo in guardia, poi ha preso le distanze. Berlusconi ha preso tempo, per cercare di sapere, poi ha nominato ministro Romano. Che il giorno dopo la nomina risulta, sui giornali, nuovamente inquisito. Napolitano sa dalla Procura di Palermo cose che gli altri non possono sapere. Questo in una democrazia non sarebbe lecito.
La Bocconi rifiuta la Santanché come sua ex allieva. La Bocconi all’opposizione non è male. L’università dei rampanti, dai denti ferini.
“Gradimento, Alemanno scende al 59,1 per cento dei consensi”, titola il “Corriere della sera-Roma” a caratteri cubitali, nel suo facinoroso sinistrismo anni Sessanta. Alemanno cioè sioè al 60 per cento. Scende?
Pietro Ingrao vive felice, a 96 anni, con Leopardi e con Garibaldi. Con Paolo di Stefano si ricorda, sul “Corriere della sera” di lunedì, che quando i russi invasero Budapest girovagò a lungo confuso per Roma, e quando finì da Togliatti per conforto, il Migliore gli disse. “Oggi io invece ho bevuto un bicchiere di vino in più”. Senza rimorsi.
Nei ricordi di tutti i 1956 sembra la fine, e invece il Pci visse e prosperò ancora per trent’anni. Con gli stessi anche ancora ricordano. Con Praga e col “Manifesto”.
mercoledì 30 marzo 2011
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