Si precisa in senso statalista e tradizionalista, con forti tinte islamiche, il dopo rivoluzione al Cairo, culminato col golpe militare contro Mubarak. Dopo le manifestazioni di piazza di cui molti ora dubitano che fossero spontanee e all’insegna della libertà. La chiusura delle piazze alle donne alla vigilia dell’8 marzo ne è stato segnale inequivoco. Mentre il potere reale sarebbe assicurato, dietro il governo civile, dalle forze armate in servizio, non più nella linea “civilistica” (laica9 di Nasser e Mubarak. Con forti interessi personali nelle banche e nell’immobiliare. Legati a gruppi d’interesse civili gravitanti nella vasta area dell’economia di Stato.
Il processo di liberalizzazione dell’economia avviato da Mubarak s’è arrestato. È peraltro un fatto che, per quanto riguarda la condizione femminile, la spinta alla modernizzazione era tutta della moglie di Mubarak, che aveva marciato spedita contro molti tabù religiosi, nel campo sanitario e dei diritti civili. Mentre la “giovane guardia” liberale s’impersonava, prima dei moti di dicembre, nel figlio minore del presidente deposto, Gamal Mubarak, e nel suo sodale Ahmed Ezz, l’industriale dell’acciaio, segretario del Partito nazionale democratico. Nessun partito ha un ruolo nella transizione, né alcuna personalità non militare, compreso l’ex dirigente dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, El Baradei, tornato in Egitto con l’imprimatur americano e Onu.
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1 commento:
Ho l'impressione che i militari prima di mollare il potere ci penseranno due volte.Dalla padella alla brace,con tanti saluti alle finte rivoluzioni nordafricane,Libia compresa.
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