Un’accoglienza predisposta per 50 mila è naturalmente un invito. Non tanto l’accoglienza in sé, che sarebbe anche necessario predisporre, per una politica dell’immigrazione che si voglia ordinata. Ma sbandierare la cosa, che si sappia in ogni dove, e in particolare nei luoghi dove il mercato degli uomini è più fiorente, in questi giorni in Tunisia. Senza fare neppure la burocratica distinzione tra clandestini e rifugiati politici. Cinquantamila è peraltro un numero evocativo: vuole dire c’è posto per tutti.
L’annuncio di Maroni ha sollevato il dubbio: forse che in realtà si vogliano molti immigrati, per alimentare il lavoro nero a basso costo. Ma è solo approssimazione e confusione: l’immigrazione e l’accoglienza non sono mai stati un punto forte per nessun governo in Italia, e in questa fase l’approssimazione è massima. Tra un capo dello Stato che minimizza, e un potenziale immigratorio che equivale a un’invasione. La guerra preclude in questi giorni la porta d’accesso della Libia, il paese che confina con sei o sette paesi in Africa, con frontiere non controllabili, ma un minimo di stabilizzazione sotto la Sirte aprirebbe un flusso incontenibile.
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