astolfo
Germania – “Furono i Germani, dice Guizot, a portarci l’idea di libertà personale, che era loro propria” – Goethe, “Über die Deutschen”, framm. 231. Quando la perdettero? Col luteranesimo, o meglio con la guerra dei contadini e poi dei trent’anni. Anche se, Goethe annota, è dai tedeschi che è venuta la Riforma. Ancora oggi i tedeschi non si sono assuefatti al liberalismo.
Italia – Se ne vede il tramonto, anche solo come luogo di bellezze, in molti modi. A Roma basterà resistere ancora qualche decennio e sarà fatta: l’invasione turistica cessa. Già ai giapponesi da tempo, e ora ai cinesi, non dice nulla: la civiltà romana è a loro del tutto estranea e, a differenza degli americani rozzi, non sentono neppure il bisogno di esprimere curiosità, bastano loro gli indirizzi alla moda. Nel mondo delle grandi masse asiatiche Roma non avrà nulla da dire. Firenze si è cancellata da sé, come si sa. E Venezia non vuole salvarsi.
Pluralismo – Canonizzato da Bobbio come categoria politica, sta per lottizzazione. È l’invenzione di Moro, che l’ha sperimentata coi socialisti e l’ha imposta a Berlinguer. È una carico oneroso per la democrazia, non ne è strumento.
Ma, forse, più che un’invenzione è un adattamento allo spirito del popolo: dà dignità politica alla mendicità.
Progresso – È il principio economico: adattare la tecnica al bisogno. Che è il principio di sopravvivenza.
È difficile argomentare il rapporto, per esempio con l’automobile, che costa, affatica, ammala (fumi, rumori), e brucia sostanze ricche e non riproducibili. L’automobile moltiplica la mobilità? Ma la mobilità stessa – per lavoro, scambi, svago – finisce presto di essere benefica: dilapida il tempo, è la più comune assassina, non garantisce dalle guerre (non apporta cosmopolitismo, anzi accentua il provincialismo). Prezzi troppo grandi alla libertà, che questo “cavallo di massa” ha esteso a tutti. Ma tutto un secolo, segnato dall’accelerazione dei mutamenti tecnici, si è caratterizzato per l’automobile. La quale è stata il volano del benessere di massa (fordismo).
L’automobile è il passo iniziale di una mobilità impetuosa, intercontinentale, interplanetaria? È il segno di rivolgimento sociale e territoriale (dei rivolgimenti) senza precedenti. Potrebbe anche rispondere a un bisogno di distruzione, a una pulsione d’instabilità derivata da un complesso di colpa iniziale (il peccato originale). Ma il masochismo è solo incidentale nella storia, ancora rimane deviante, o sbagliato.
Razzismo – In Francia è straordinario, perché nasce da un’incomprensione “incomprensibile” dell’islam. Incomprensione che dura da centocinquant’anni e che i francesi erano i meglio equipaggiati a superare. Il difetto è nel persistente illuminismo, che è un bene e un male. È un bene perché ha introdotto in Africa e in Asia l’ideologia, cioè una domanda di dignità parametrata a certi criteri minimi: democrazia, legge, sviluppo. È male perché è intollerante.
L’intolleranza non si rileva tanto nelle technicalities del messaggio illuminista, politiche, economiche, tecniche in senso proprio (pluralismo e partito unico, economia pianificata oppure privata, industria o servizi, etc.): non è qui il rifiuto del diverso. Il rifiuto colpisce le tradizioni, la mentalità, la cultura, i tempi, il ritmo, i linguaggi. Il francese è un linguaggio duro.
Repubblica – Non ha piantato un albero, aperto un parco. Nelle regioni bianche e in quelle rosse. Gli unici giardinetti comunali sono ovunque quelli dell’unità e del fascismo. Cemento invece a sfare: tutti i comuni sono cementificati, perfino le spiagge. È la repubblica della rendita urbana, la radice più gonfia del capitalismo, sacra e intangibile – col cemento sembra che tutti guadagnino, i consumatori in quanto sembra che possano comprare a meno prezzo.
Riforma – È libertà solo in politica. In teologia è servitù assoluta, specie in raffronto alla Scolastica dell’Alto Medio Evo: servo arbitrio, nullità delle opere, predestinazione. E ancora, quale libertà politica? Quella di staccarsi da Roma e dall’impero, la libertà cioè dei principi - con un grado di controllo-sottomissione probabilmente maggiore, se non altro per la vicinanza del centro di comando. La libertà politica moderna e contemporanea è “romana”: è quella delle città italiane del Cento-Duecento, che si ispiravano a Roma repubblicana, ripresa in Svizzera.
Dov’è allora che i protestanti sono maestri di libertà? Non le foro interiore, e questo è indiscutibile, lo si vede in guerra come in pizzeria. Non nella religione. Non nel capitalismo. E neppure in politica. Dov’è che sono maestri? Nell’operosità – alcuni. Ma operosi sono ancora di più gli asiatici.
Snobismo – Presiede in Italia all’informazione. Ma nel suo significato migliore è ritegno e preconcetto, l’opposto cioè del giornalismo.
In Italia si confonde lo snob col dandy, cioè col gentleman – disinteresse e distacco.
Socialismo – È caduto per essersi appoggiato al materialismo, becerissima bufala. Sembrano oggi inverosimili gli sproloqui infiniti, incomprimibili al modo della “filosofia tedesca”, che Berlino ha tenuto per decenni con sussiego e vasto seguito sul Diamat.
Col Muro è caduto naturalmente Marx, anch’egli vittima del materialismo scientifico. Ma quanto Marx si voleva materialista e scientifico? I suoi socialisti, più che dottrinari filosofi tedeschi, li voleva santi: operosi, utopisti.
Televisione – Il suo linguaggio è la pubblicità: messaggi semplici (uno alla volta), brevi, ripetuti, attraenti – non c’è televisione senza “veline”.
Con la frequenza dei messaggi, uno ogni pochi minuti, la pubblicità è la televisione.
Tolleranza – Nasce quando la politica, religione compresa, diventa fatto di massa. Quando cioè la politica, religione compresa, si riduce a fatto di parte, accentuando la divisione e il settarismo. Allora nasce come antidoto al tolleranza. Che in realtà è una maniera di dire: “Abbiamo scherzato”, e una forma d’indifferenza. E può non estendersi (solitamente non si estende) ai valori interni della propria ideologia, ma solamente alla sua carica missionaria.
Volontariato – Il Quarto Settore si è rapidamente imposto in Italia, già venti anni fa e in pochi anni, non perché nasce da un impulso missionario. O dall’impegno: la prima cosa che colpisce della Caritas è la freddezza, dei funzionari come dei volontari propriamente detti, e dei giovani. Si impone per gli spazi di libertà (duttilità) che riapre all’azione. Dentro la burocrazia.
È un’organizzazione, e ha tutto delle burocrazie, perfino le gelosie intestine. Ma si caratterizza per l’informalità e la flessibilità. Informalità nei metodi, flessibilità nell’organizzazione, nella struttura, nel finanziamento. Senza scadere nell’occasionale e l’erratico, anzi: il volontariato si caratterizza per costanza e continuità. Sono le sue forme di produttività, come lo erano del cooperativismo un secolo e mezzo fa. Farebbe anche un’ottima teoria del management.
astolfo@antiit.eu
mercoledì 6 aprile 2011
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