È una serie di testi brevi (una scelta di quindici articoli sulla cinquantina che Cipolla scrisse per il “Corriere della sera” e “Il Sole 24 Ore” tra il 1985 e il 1997), ma col consueto taglio illuminante, che dà senso alla storia e anche all’economia. In grande, lo sterminio dei messicani di cui non si parla: “La popolazione del Messico centrale ammontava a circa 25 milioni ai primi del Cinquecento. Un secolo dopo era ridotta a poco più di un milione”. In piccolo: la scoperta del chinino in Messico rese possibile la conquista dell’Africa. E poi: Visconti e Sforza, “l’arbitrio e l’abuso caratterizzavano il modo di governare dei duchi milanesi”; la tecnologia nasce in Inghilterra nel 1615; “i banchieri genovesi tra il 1530 e il 1620 dominano la scena finanziaria”…. Con ottime illustrazioni d’epoca. E personaggi, anche, inattesi. Giotto imprenditore del leasing, a tassi usurai – il pittore di san Francesco era avidissimo. Un Alonso Martìnez de Leyva, come la monaca, “il prototipo del cavaliere senza macchia e senza paura, il favorito del re e l’idolo degli spagnoli”, che era attorno al 1580 il capitano generale della cavalleria dello Stato di Milano. O, in forma quasi di trattatello benché in prose sparse, un quadro memorizzabile del guazzabuglio monetario dei romanzoni con i quali siamo cresciuti: grossi, dobloni, fiorini, ducati, talleri e dollari. E il problema secolare, oggi rinnovato, di cosa vendere alla Cina in cambio delle tante merci cinesi importate. Allora come oggi si trovava poca roba, eccetto i dollari. Finché gli inglesi non scoprirono che l’oppio piaceva, crearono piantagioni apposite in India, e ne imposero l’importazione all’imperatore con la famosa guerra – dopodiché la Cina non si riprese per oltre un secolo.
Carlo M. Cipolla, Piccole cronache, Il Mulino, pp. 110, € 10
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