C’erano prima e ci sono più che mai, dopo venti ani di governo milanese. Sono le due Italie. Non c’è solo il sottosegretario Mantovano che protesta inascoltato e si dimette, girando per il Sud si rileva ovunque la convinzione di essere la pattumiera dell’Italia. Non eversiva, nemmeno polemica, è una constatazione, perfino rassegnata: ci mandano gli immigrati e ce li teniamo. Le regioni del Nord dicono no, non li vogliamo, le regioni rosse del Centro dicono ni, ma non se li prendono, gli immigrati sono destinati alla Sicilia, alla Calabria e alla Puglia. Il turismo? L’ordine pubblico? La pulizia? Al Centro e al Nord sono interessi locali dirimenti, nessuno si vuole “sporcare” con questi immigrati che arrivano a frotte, al Sud invece vengono imposti.
I tunisini stessi mostrano di averne percezione, che imbastiscono proteste e accampano pretese come se si trovassero in una qualsiasi colonia e non nel territorio di un rispettabile paese europeo. Sono peraltro immigrati che tutto ormai mostra essere non rifugiati politici, ma clandestini, e forse evasi dalla carceri tunisine – se non avviati a una comoda evasione dallo stesso governo di Tunisi che ora si vuole democratico. Che uno Stato cioè dovrebbe respingere, mentre in Italia li addossa al Sud, sul quale carica furbesco un dovere di solidarietà.
Non è una novità. Le regioni rosse del Centro rifiutarono a suo tempo i meridionali, quando ci fu la grande emigrazione interna. Ora c’è la rassegnata constatazione che il fatto non si sottace e non si camuffa. E che nessuno propone di correggerlo, nemmeno la presidenza della Repubblica, benché assicurata da un illustre napoletano. Nel pieno del centocinquantenario. Nelle cui celebrazioni il Sud ha scoperto di aver dato più martiri (in Calabria, a Napoli e nel napoletano, in Sicilia) per l’idea di unità che il resto d’Italia, prima di essere “liberato” da Cavour e Garibaldi.
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