Avrebbe commosso l’Italia. Avrebbe liberato la liberazione, una festa che l’Italia vorrebbe ma non le viene consentito di festeggiare. Avrebbe dato un colpo letale ai facinorosi,che infettano ogni manifestazione pubblica, ultras da curva Sud. Avrebbe rotto il cordone ombelicale del suo partito con la faziosità. Avrebbe ridato un’anima e un corpo a questa sinistra di banderuole che si appresta all’ennesima sconfitta elettorale - a opera di quel genio di Berlusconi… Ma non per niente è Napolitano, uno che ha sempre perso tutte le buone occasioni che gli sono capitate nella lunghissima sua vita politica. Sarebbe bastato che il presidente della Repubblica zittisse le urla e i fischi contro il “suo” ministro della Difesa il 25 aprile per provocare tutti i sunnominati miracoli insieme. All’Altare della Patria, figurarsi, una tribuna che avrebbe da sola riportato i contestatori al loro vero ruolo di sbandati e provocatori - perché dare nomi altisonanti ai monumenti se poi non si sa o non si vuole esserne all’altezza?
Il coraggio non è dei pavidi, e il presidente della Repubblica si è limitato al solito sermoncino sull’unità d’intenti, facendo poi finta di non sentire le urla e i fischi. Ma c’è di più della questione del coraggio personale: è che, se non viene da Napolitano, allora nulla può venire di buono dall’ex Pci.
martedì 26 aprile 2011
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