venerdì 15 aprile 2011

L’Egitto di Obama torna in guerra

L’assassinio di Arrigoni, in video nelle spaventose tv degli sceicchi arabi, conferma che non c’è nemico migliore degli arabi che gli arabi stessi. Né c’è difesa possibile. È così che, a maggior ragione dopo l’insorgenza ora dichiarata dei salafiti, i fondamentalisti islamici più brutali, all’origine dei moti del Cairo contro Mubarak, a Roma la diplomazia s’interroga su cosa ha voluto fare Obama imponendo al Cairo la sostituzione di Mubarak con la giunta militare. Che per prima cosa si è fatta approvare dai salafiti stessi la modifica della Costituzione. I quesiti referendari erano del tutto incomprensibili ma i salafiti si sono incaricati di portare la popolazione, anche gli analfabeti, al voto per dire sì. Sul presupposto, più che ovvio in un paese arabo, che tali consultazioni non hanno alcun valore.
In cambio, la giunta militare s’è impegnata a tenere aperta la frontiera con Gaza anche in caso di guerra. È il preannuncio della fine della pace tra Egitto e Israele. Il fondamentalismo militante non sarà una minaccia credibile, come si ritiene, alla giunta militare. Tanto più che questa è radicata nell’economia, con investimenti diretti e attraverso la corruzione – Mubarak e famiglia erano scuramente i “più” democratici e i meno corrotti della casta militare. Ma allora l’unico cambiamento rispetto a Mubarak è la frontiera aperta alla guerra con Israele.

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