L’immigrazione forzosa viene affrontata, per ultimo dallo stesso presidente Napolitano, che da ministro degli Esteri ne misurò bene gli orrori, sulla base di un equivoco: gli italiani erano emigranti per bisogno ancora cinquant’anni fa. La solidarietà, che ha molti fondamenti, avrebbe in questo precedente una sorta di aggravante, di chiamata di correo. È un equivoco, che annebbia e aggrava anche la reazione di chi è contrario a ogni tipo d’immigrazione, fino al razzismo. Mentre un confronto tra le due situazioni, che sono radicalmente diverse, potrebbe consentire un approccio più razionale, se non più soddisfacente, all’immigrazione clandestina.
L’Italia non invadeva, questo è il punto. Anche quando aveva ragioni specifiche per il rifugio politico, sotto il fascismo. Emigrava. Coi documenti. Che costavano impegno e sacrificio. Non s’infiltrava, non si rivoltava, non si atteggiava a padrone della terra, rispettava il paese di destinazione, fosse pure chiuso o ostile. E l’emigrazione affrontava come un duro sacrificio e non un avventura. “Italia bella, mostrati gentile\ e i figli tuoi non li abbandonare,\ sennò ne vanno tutti ni’ Brasile\ e ‘un si rìcordon più di ritornare.\ Ancor qua ci sarebbe da lavora’,\ senza sta’ in America a emigra’…”, cantavano a fine Ottocento nel Casentino. Non c’era rivalsa, non si attaccava il paese in cui chiedeva di emigrare, per torti magari veri ma di tre o quattro generazioni fa. E l’organizzazione di questo mercato della carne, se c’era, si contentava della legalità.
Il diverso momento storico anch’esso non è dirimente. La decolonizzazione è un fatto ormai da cinquant’anni. Le responsabilità coloniali non c’entrano per nulla in queste fiumane umane che lasciano il Nord Africa e l’Africa sub sahariana. Semmai c’entrano i governi indipendenti. L’Italia, l’Europa e il mondo hanno un dovere di solidarietà, ma non di fronte a un’aggressione, qual è quella che arriva dalla Tunisia “democratica” oggi come dall’Albania “democratizzata” vent’anni fa – che Napolitano ben conosce. Soprattutto non c’è nessun obbligo di prendersi gli avanzi di galera, di cui i governi “democratizzati” tendono a liberarsi con evidente sollievo.
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