In Libia l’ipocrisia umanitaria con cui si sono coperti vent’anni di dominio mondiale Usa è imbarazzante e perfino folle. Imbarazzante perché l’avverte anche l’uomo della strada, non solo l’esperto di diritto internazionale: è tutto qui il “non facciamo guerre” di Bossi. Non c’è un fronte popolare credibile contro Gheddafi. Non ci sono nemmeno personalità credibili. Il raffronto viene spontaneo con la Siria, che presenta molte immagini raccapriccianti, e molto più vicine dei remoti Yemen e Bahrein, paesi dove la protesta popolare è stata affrontata dai regimi con i cannoni ad alzo zero. Senza suscitare reazioni: né Onu, né Nato, né europee o americane.
In Bahrein, peraltro, la piazza manifestava contro gli immigrati. Contro gli immigrati pakistani, sunniti, che il re vuole naturalizzare per ridurre la predominanza sciita, iraniana, nella popolazione. Per una questione politica, cioè, ma pur sempre contro gli immigrati poveri: dove è la domanda di libertà?
La “gestione” della guerra alla Libia è poi raccapricciante: le bugie di guerra vengono spacciate senza credibilità, e anzi con una sorta di voglia perversa di farle apparire quali sono. La guerra è folle in Libia perché si avvita su se stessa sbriciolando ogni suo pilastro. Se ne danno ragioni sempre più implausibili, e perfino bizzarre. Una decisione Onu, che tutto dice eccetto quello che si sta facendo. Un solidarietà atlantica che non c’è stata in nessun momento, e non è stata richiesta. Una coerenza politica che, se non ci fosse, non avrebbe nessuna conseguenza di rilievo – è il caso della Germania, e di un’altra ventina di paesi Nato. La “coerenza politica” è l’argomento principale del presidente della Repubblica Napolitano, la cui caratura e il cui ruolo rendono più stridente la “follia umanitaria”. In termini italiani, si aggiunga che il presidente Napolitano non vuole un dibattito parlamentare sulla guerra alla Libia – come già Scalfaro non lo volle sulla guerra alla Serbia.
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