Curioso volume rétro, anche la copertina ha Elizabeth Taylor, intanto morta di vecchiaia, all’epoca. A caldo, cinquant’anni fa, sarebbe stato “La democrazia in America” del Novecento, un Tocqueville adeguato ai tempi. Oggi è mille pagine d’autore. Curioso, vaporoso, brillante, come sempre sa essere Arbasino, un autore oggi necessario se non altro per la cultura solida e affidabile che s’è persa, e che lui possiede in molti campi, l’economia, la sociologia e gli affari internazionali inclusi, oltre ai decori, ai colori, alle dizioni, e ai coscioni frigoriferi delle ragazze della Harvard Summer School sempre in short. Uno che era in grado, nel 1959, di parlare con Kissinger, Schlesinger, Galbraith, Burnham, Riesman, Edmund Wilson, Kazin e la General Motors, oltre che con i “sommi” scrittori, di capirli, di esporli sempre correttamente e per quanto hanno d’intelligente. Ma l’editoria italiana, si sa, è lenta – chissà che altra Italia sarebbe stata, se uno scrittore-scrittore come Arbasino, e migliore social scientist del suo mezzo Novecento, fosse stato celebrato come oggi che ha solo da dirci: “Quant’ero bravo!”.
Alberto Arbasino, America amore, Adelphi, pp. 867, € 19
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