È un ritorno, quello del giudice Caselli che dice Andreotti non assolto ma solo “prescritto” del reato di mafia. La giustizia in Italia è un fatto di opinione. Ma in questa chiave è allora utile quanto se ne scriveva mercoledì 23 novembre 2005, dopo che per la prima volta il Procuratore Caselli aveva esposto la sua:
“La Rai per una volta ha osato dire la verità sul processo politico a Palermo contro Andreotti e il giudice Caselli si è arrabbiato: «Non è vero che è stato assolto», ha preteso a sua volta di dire alla stessa Rai, «non è stato condannato a causa della prescrizione». L’avvocato di Andreotti, Giulia Bongiorno, aveva detto: «Negli anni fra il 1993 e il 1995 tutti i pentiti parlavano di Andreotti, ne ricordo almeno trenta, e dopo non hanno parlato più?» Ma anche la prescrizione non è innocente: si vogliono i processi, non si vogliono le condanne, che sarebbero comunque circostanziate, la macchia deve restare ampia a perdita d’occhio, indelebile ma imprecisabile. Questo non è lusinghiero nemmeno come atto politico, è la calunnia.
“Caselli, malgrado tutto, si vuole in buona fede. Non da politico, da giudice. Può darsi. Anzi, senz’altro è come dice lui. Ma allora è gravissimo. Forse non c’è una giustizia politicizzata. Non ci sono amici degli amici, compagni e opportunisti, pronti a balzare come un sol uomo al campanello a stormo. Allora è stravaganza. A spese della giustizia. Dei contribuenti, di cui si sperperano i miliardi. Della politica, che si rende impossibile. Dell’onestà, poiché si allarga l’impunità e quindi la corruzione. È un’indigenza che supera l’immaginabile”.
Tanto più, si può aggiungere, al Sud, e per delitti di mafia.
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