astolfo
Guerra - È il solo evento regale, a prerogativa insindacabile, senza giustificativo. In una epoca che si vuole di pace. Si fa il conto del costo e dei benefici di tutto, comprese le operazioni al cuore, al cervello o ai tumori (in Germania non si fanno sopra i 75 anni), mentre per la guerra si decide e si spende senza alcuna considerazione economica.
Oriente – I cinesi come si sa, hanno sempre ritenuto gli europei dei barbari, e il loro sistema di vita una follia.
Prescrizione – È acquisitiva o estintiva: acquisisce o fa decadere certe condizioni di legge – la proprietà o un onere (una pena). È acquisizione medievale, quindi onorevole in un ambito poco legale. Ma modernamente, nello stato di diritto, in entrambe le versioni più si allunga e più è “la tirannia, l’abuso della forza”. Flaubert fa riflettere in questi termini uno dei suoi personaggi idealisti dell’“Educazione sentimentale”. La cui grande opera in elaborazione sarà “La Prescrizione considerata come base del diritto civile e del diritto naturale dei popoli”. La prescrizione lunga è “dare la scurezza dell’uomo onesto all’erede del ladro arricchito”, argomenta eloquente il personaggio ai suoi esami di avvocato. Un privilegio: “Aboliamolo; e i Franchi non peseranno più sui Galli, gli Inglesi sugli Irlandesi, gli Yankees sui Pellerossa, i Turchi sugli Arabi, i bianchi sui negri, la Polonia…”.
Stato (ragione di) – Dalla guerra del Golfo alla Libia, l’Onu copre la ragione di Stato americana. La guerra di difesa (ma tutte le guerre sono di difesa) è il nocciolo più consistente della ragione di Stato, e gli Stati Uniti hanno scelto, caduto il Muro e ogni altra consistente contrapposizione, di farsela avallare dall’Onu. Con ciò però caratterizzando la ragione di Stato stessa come distintamente impositiva, anche se morbidamente totalitaria: il diritto multinazionale gli Usa, un diritto peraltro “giovane”, di recente elaborazione, da vent’anni piegano agli interessi nazionali. E anzi alle decisioni della Casa Bianca, gli interessi nazionali non curandosi di rappresentare, neppure agli alleati che di volta in volta chiamano a supporto.
È stato il caso della Serbia, dell’Afghanistan e dell’Iraq, e ora della Libia. Che è una guerra volta e prepara dagli usa, benché ne sia stato messo a capo il presidente francese Sarkozy – il presidente più debole della Quinta Repubblica francese, che dura ormai da 53 anni. Contro Gheddafi che finanziava, armava e praticava il terrorismo poco o nulla è stato fatto. Quando Gheddaf ha voluto e ottenuto al rispettabilità internazionale, collaborando alla guerra al terrorismo, è stato attaccato con un colpo di stato e una guerra.
La ragione di Stato Usa è particolarmente solitaria - poco o nient’affatto confidenziale - con gli alleati. La cui fedeltà si dà per supposta e non da guadagnare. Si veda l’Italia. In Italia Gheddafi ha ucciso o fatto uccidere un centinaio d persone, dai palestinesi, dai giapponesi e dai suoi propri servizi, a Fiumicino, alle basi Nato e tra gli esiliati libici. Senza reazione. Quando i rapporti erano stati incanalati in un trattato di collaborazione, l’Italia gli fa guerra.
La ragione di Stato è l’interesse nazionale. Ma in accezione ristretta agli organi decisionali, governo, sovrano, apparato repressivo (giustizia e polizia), genericamente compreso nella dizione segreto di Stato. È una politica cioè presunta e non dichiarata. Che però si esplicita e viene giudicata (letta, capita) nei suoi fatti. In subordine, non necessariamente, ma costantemente, essa si realizza contro dottrine o principi ideali dichiarati, e in modo quasi sempre violento (spregiudicato, falso) per un interesse presunto eccezionale e superiore.
Filosoficamente, dal coniatore del concetto, il gesuita Giovanni Botero (1589), a Croce, la ragione di Stato sarebbe la scienza della politica, che con saggezza e accortezza sa garantire gli interessi nazionali in accordo con la morale. Su questo terreno si sviluppò dopo la prima guerra mondiale il concetto della sicurezza collettiva, dapprima nella Società delle nazioni, poi nell’Onu. Ma il realismo, più che l’ideale, si presume il suo fondamento, secondo il principio che ogni azione dello Stato, se risponde al bene dello Stato stesso, diventa legittima, indipendentemente dalla sua moralità.
Essa si esercita tipicamente nella politica estera. In politica interna sconfina in altre categorie, non democratiche e anti-democratiche quali il totalitarismo, la tirannia, o quanto meno lo stato d’eccezione. Ma vuol essere un’eccezione. In politica internazionale è invece ritenuta la normalità, e anzi prende solitamente una connotazione popolare, e quindi democratica. A lungo esercizio tipico della Kabinettenpolitik, della politica delle cancellerie, è modernamente “popolare”, e quindi democratica. Una legittimazione che nasce dal nazionalismo, e dalla sua fase più acuta, il jingosimo – ampiamente descritto da Hobson, il teorico dell’imperialismo. Una “politica delle masse” che ingigantisce i fenomeni da tifo allo stadio, partigiano per antonomasia, o da colosseo. Confluendo in tal modo nella definizione di Stato che Marx dà nel “Capitale” – che è stata a lungo la sua affermazione più contestata: “Violenza concentrata e organizzata dalla società”.
Terrorismo – Carlo Galli, grande rilettore delle categorie del politico, sulle orme di Carl Schmitt, dice su “Repubblica” il terrorismo una sorta di virus che gli organismi politici elaborano al loro interno: “Il terrorismo è (e ancora sarà, benché si trovi in difficoltà strategica) non un nemico di civiltà come il fascismo, né un nemico di sistema, come il comunismo – e meno che mai un nemico convenzionale come erano gli Stati uno per l’altro, prima dell’età delle ideologie -; è un nemico biopolitico, ovvero una sorta di parassita cresciuto dentro alla globalizzazione, pervasivo come questa e – versatile, mutante e imprevedibile come un virus mortale – capace di attaccare le potenze territoriali, per colpirne la sostanza vitale: le popolazioni.
Ma questo si può dire solo del terrorismo brigatista, che non è morto, ma non è globale e anzi solo italiano (la Rote Armee Fraktion tedesca, la più vicina alle Br, è stata tutt’altra cosa). Il terrorismo islamico fondamentalista (qaedista, salafita), di cui si sta parlando, non è globale (politico) e non è pervasivo: è una copia del Vecchio della Montagna, nelle ricostruzioni perlomeno che l’Occidente ne ha fatto, da Freya Stark indietro fino a Nerval, e alle prime storie delle crociate. Di un’organizzazione terroristica anarchica, seppure vanti matrici islamiche: un’armata di avventurieri, a disposizione anche dei principi cristiani, tanto più per essere puri di cuore e quindi gratuiti. Di nichilisti, si potrebbe dire con più proprietà, che l’anarchia dissolvevano nella violenza.
Abbiamo avuto in anni recenti forme di terrorismo molto diverse nell’organizzazione e le finalità, seppure tutte sconfinanti nell’ambiguo (i “rossi” giapponesi finanziati e organizzati da Gheddafi…). Quello palestinese, legato a un territorio, a una popolazione, a un partito politico – prima Fatah, poi Hamas. Quello delle varie Armate Rosse, stimolato da Mosca a fini eversivi in Occidente. Quello, appunto, delle Br. E questo vecchio-nuovo creato da Osama.
Vendetta - È l’unica ratio dell’assalto, con ludibrio, a Osama Bin Laden. Che esalta l’America e la rende perfino felice – suscitando naturalmente l’indignazione dei professionisti dell’antiamericanismo, quelli che si dicono molto americani, i più veri, i più sinceri, ce ne sono in ogni giornale (New York è all’apice delle ambizioni di ogni giornalista). Uscirà ora la vendetta dai recessi del primitivismo, nelle categorie dell’antropologia della violenza? Si potrebbe arguirne con uguale plausibilità una rivincita (una vendetta?) del Sud contro il Nord…
Ma il cardine della vendetta è l’inestinguibilità. Ha deciso Obama, o la Cia per lui, o i Seals della Marina, di rilanciare con Osama la faida con l’islam che si stava estinguendo? È questa la sola ratio del massacro dello stesso, indifeso, dopo la cattura, e della sua non sepoltura – la collera non si esercita a freddo, e i Seals devono essere soprattutto freddi, coi nervi solidi.
Il pregiudizio della vendetta impedisce l’esercizio della legge. Questo si legge in un romanzo di Balzac, ma è realtà evidente in qualsiasi paese della Corsica, dove il termine origina, o della Calabria, con le interminabili faide tribali.
astolfo@antiit.eu
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