martedì 10 maggio 2011

Il pettegolezzo come virtù politica?

Non è di oggi, ma di sette anni fa, questa nota, del 10 maggio 2004:
Si pubblicano telefonate di questo a quello, e indiscrezioni varie, di abusi, sessuali e non, licenze e inganni, in cui non è più il potere che attraverso i suoi apparti droga l’informazione. È la giustizia, con i giornali. Ma non è certo la libertà di stampa che si impone o un s ervizio al diritto all’informazione: il vizio è sempre quello delle veline di stampo fascista. Gli scandali politici venivano alimentati dal fascismo attraverso i giornali, ai quali il regime forniva in esclusiva le notizie e i materiali di corredo.
La Repubblica naturalmente non è il fascismo, c’è la costituzione e c’è il mercato. Ma l’abitudine è rimasta: le prerogative costituzionali dei magistrati e il mercato convergono nel commercio delle notizie. Commercio non necessariamente a scopo di lucro, i magistrati non sono tombaroli – non sono ladri: a loro basta un semplice barbaglio di carriera, sociale e politica se non professionale.
Il pettegolezzo come virtù politica, elogiava Eco nel “Costume di casa”, nel 1972. Al pettegolezzo, argomentava, si è portati quando non abbiamo opportunità di discussione pubblica (politica). Ma chi ce la toglie questa opportunità di discussione? Il pettegolezzo.

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