È la cronaca di un’avventura personale dell’allora professore giovane Spadolini, in un giornale che lo rifiuta, con una proprietà assente ma petulante, in una città che (al solito) mente, per primo con se stessa. E di un’epoca, quella della contestazione. Un saggio che è un trattato. Di storia del giornalismo. Di storia politica: di Milano e del Sessantotto (movimento studentesco, contestazione, terrorismo) a Milano. Di metodologia: dell’individuazione e dell’uso delle fonti. Qui nuove e tutte interessanti – e non arcane: la carte Spadolini alla Fondazione Spadolini Nuova Antologia di Firenze, le carte della Fondazione Corriere della sera, le carte del ministero dell’Interno. Uno dei pochi casi in cui le tantissime note sono di lettura utile. Una ricerca anche beneaugurante: è il primo tassello di una storia del “Corriere della sera” coordinata da Ernesto Galli della Loggia con la Fondazione del giornale.
È anche una miniera. La prima intervista di un politico socialista (Pietro Nenni) può uscire sul “Corriere della sera” a novembre 1969, dopo una diecina d’anni di centro-sinistra, politico e governativo, e a venti mesi dall’arrivo alla direzione di Spadolini. Carlo Cassola, socialista, aveva per questo rifiutato per anni di collaborare al giornale. Ma già Giulia Maria Crespi, la sola dei cugini Crespi che avesse qualche credito nel giornale, per la buona memoria lasciata dal marito, il conte Marco Paravicini, morto in un incidente d’auto nel 1957, contestava al suo “fidanzato” Spadolini il moderatismo, nel nome dell’estremismo. I vecchi comunisti della Commissione Interna sabotano la produzione, con go slow e scioperi a scacchiera, e lo rivendicano in volantini – la cosa si è sempre detta, ma qui ci sono i volantini. Il comitato di redazione (il sindacato interno dei giornalisti) di Massimo Riva invece non redige verbali – il cdr del Pci.
La corrispondenza di Giulia Maria Crespi è la parte più saporita della tanta documentazione, anche perché riflette bene l’epoca. Persona “culturalmente fragile ma volitiva” appare senza dubbi la Crespi alla storica dalle copiose scritture a Spadolini: “Le lettere che la Crespi scrisse a Spadolini fra il 196 e il 1971 testimoniano, al di là di ogni dubbio”, interferenze “pesanti, nella forma di un controllo minuzioso, pedante e persino petulante esercitato su ogni aspetto del quotidiano”. Col sostegno, in forma di “salotto” borghese, di Camilla Cederna e Piero Ottone. Anche questo si sapeva, specie a opera di Montanelli, ma qui ci sono le carte.
Il carteggio di Spadolini con Giovanni Sartori, il secondo punto d’interesse, è una finestra aperta su un’altra epoca, e forse su un altro mondo – i due erano entrambi fiorentini, e professori al “Cesare Alfieri” di Firenze, l’istituto di Scienze Politiche. Erano anche “figli di mamma” importante a Firenze, e il “posto” di direttore del “Corriere della sera” sarà “trovato” a Spadolini da Sartori, che aveva dimestichezza con Giulia Maria Crespi, col marito defunto. Spadolini era stato candidato alla direzione del “Corriere della sera” già nel 1961, ma la proprietà l’aveva scartato perché era inviso ai notabili del giornale, in quanto troppo di sinistra.
C’è anche un esempio di come si fa giornalismo. Negativo. Nel 1968 il “Corriere della sera”, per difendersi dal progetto della “Stampa” di diventare un giornale nazionale, non più piemontese, attacca pretestuosamente la Fiat. E la rappresentazione di come l’informazione sia difficile da fare, in libertà, con intelligenza. Per tutto il periodo sotto esame, e più alla fine. Il giornale tutto si mette in stato d’agitazione al licenziamento di Spadolini, l’8 marzo 1972. Ma è solo un’occasione, per il sindacato dei giornalisti, di ottenere da Giulia Maria Crespi una sorta di cogestione, seppure senza responsabilità, nella nomina del direttore e nelle assunzioni. La secessione dei “montanelliani”, i venticinque che poi fonderanno il “Giornale, sarà in realtà degli “spadolinani”. Perché già era in atto, Spadolini ne aveva scritto in numerosi editoriali, il compromesso storico, sotto forma, si diceva allora, di “repubblica conciliare” – vi indulgeva anche Ugo La Malfa (che al licenziamento al “Corriere della sera” aprirà a Spadolini una carriera politica, ma non riuscirà a soggiogarlo all’inciucio).
Dell’Interno sono sorprendentemente utili i vari rapporti Mazza, inviati dal prefetto di Milano Libero Mazza nei quattro-cinque anni dell’indagine. Della violenza che Milano porta a maturazione e al contagio di tutta Italia. Rapporti che sembrano inverosimili, tanto tutto quello che scrivevano è risultato vero, e che prevedevano si è avverato. Il “Corriere” fu bersaglio di tre manifestazioni devastanti negli anni di Spadolini, due del movimento studentesco (la seconda quando già Spadolini era stato licenziato), una del sindacato.
Claudia Mantovani, Il “Corriere della sera” nella bufera. La direzione di Giovanni Spadolini (1968-1972), pp. 11-106, in “Ventunesimo Secolo”, a. X. Febbraio 2011, pp. 216, € 16
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