L’arrivo al ministero infine di Paolo Romani, un liberale, aveva lasciato presumere un varo immediato del provvedimento, almeno in consiglio dei ministri. Ma la legge sulla concorrenza non c’è e non ci sarà: non si possono sciogliere i controlli incrociati.
Tante materie sono già disciplinare dalle leggi antitrust e dall’Autorità Antitrust, ma non quella sugli incroci tra controllori e controllati. Che è la tara secolare del mercato in Italia, ed evidentemente non si può eliminare. Oggi in particolare riguarda le banche, che “si nominano” i consiglieri d’amministrazione nominandoli prima alle fondazioni, specie i cosiddetti indipendenti o tecnici, professori, commercialisti, tributaristi – prassi ultimamente agevolata dalle quote rosa, suore incluse. Ma soprattutto riguarda l’incrocio tra Mediobanca e Generali. Che sembrerebbe – è – piccola cosa, ma in Italia è tutto. O a Milano, che è l’Italia. Anche perché si può fare scudo del gruppo Rcs-Corriere della sera.
È in questa chiave che viene letto anche il silenzio del governo, in ogni suo interstizio, sulle ultime vicende in Generali. Malgrado l’allontanamento brusco di Geronzi, il banchiere non milanese che ha letteralmente “salvato” Berlusconi in almeno un caso, nel 1994, e forse in due, anche nella quotazione di Mediaset tramite Ben Ammar e la finanza araba. A opera di Della Valle, nemico dichiarato e impertinente di Berlusconi.
Il silenzio di Berlusconi e dei suoi sulla manovra contro Geronzi e Ben Ammar-Bolloré viene collegato alla posizione attendista che i giornali del gruppo Rcs hanno assunto nei confronti della politica e degli affari di Berlusconi – dall’editoria (lodo Mondadori), e la sfida Mediaset-Sky, al Milan. Nonché dei suoi processi, dopo il tanto dileggio sulle accuse di prossenetismo.
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