Emanuele Macaluso, il più giovane a 87 anni della sinistra, prende la direzione del “Riformista” con le idee molto chiare sulla storia della repubblica: “La Dc ha dominato per cinquant’anni e il Pci esercitava un’egemonia politica fortissima”.
I cinquant’anni sono tra poco settanta, quasi metà di tutta la storia dell’Italia unita. Senza più l’egemonia politica (culturale) del Pci – l’egemonia resta forte alla Rai e nell’editoria, ma è dubbio che faccia cultura, non è più legittimata. Un’egemonia che non è andata, alle somme, oltre “I miserabili”, il partito dei vinti, brutti e cattivi cui chissachì dovrà un giorno la redenzione, e non ci ha dato un’opera o un momento di gioia.
La storia di questa quasi metà repubblicana dell’Italia unita è democristiana. Che è un modo d’essere più che un orientamento politico, quello cosiddetto doroteo: non so, non ci sono, vediamo. Gli anni della Repubblica hanno coinciso con un periodo di pace, all’ombra della guerra fredda, e di crescita della ricchezza senza precedenti nella storia europea e mondiale, cui l’Italia ha saputo accodarsi. E questo è l’esito migliore della Repubblica. Conseguente alla scelta della Nato, dell’Occidente, la decisione più coraggiosa e di grande avvenire.
A merito della Repubblica si ascrive anche l’Europa, ma questa non è stata una scelta, giusto un modo di essere – e poi questa Europa, benché unita, non è diversa da quello che è stata, non molto, a parte l’euro. Il resto di questi settant’anni, e cioè gli ultimi quaranta, sono storia recente e non onorevole – Macaluso dice “opaca”: dal terrorismo brigatista a quello giudiziario. Sempre col fine, non camuffato, d’impedire all’Italia una qualche forma di governo, o l’“autonomia del politico”, per la quale Craxi è stato perseguito e ha pagato. Macaluso ricorda la fase che precedette la “rivoluzione dell’antipolitica”, in cui tanti servitori inutili e falsi compagni di strada si adoperarono per portare il voto Pci, il 30 per cento dell’elettorato, al servizio di Andreotti e De Mita.
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