sabato 7 maggio 2011

Napolitano sancisce la partitocrazia

Ha lasciato tutti a bocca aperta, perché sembrava impossibile. Ma l’impossibile è arrivato: a opera di un presidente ultraottantenne, reduce peraltro di un’esperienza storica e politica fallimentare. L’impossibile è l’assunzione della partitocrazia a regola di governo, e la vanificazione del mandato parlamentare di rappresentanza. La Costituzione vuole il parlamentare senza vincolo di mandato. Napolitano introduce motu proprio il vincolo di mandato. E per conto di chi? Di Casini e di Fini, che sono stati i primi a tradire il “vincolo di mandato” politico, quello giusto e costituzionale.
Secoli, e biblioteche, di giurisprudenza sulla rappresentatività e il mandato parlamentare sono stati vanificati dall’ultimo messaggio di Napolitano. Nonché decenni d’indignazione, da parte laica e da parte anche del suo Partito, il vecchio Pci, contro la cosiddetta partitocrazia, o invadenza del partiti nella vita politica, soprattutto in quella parlamentare. Ora è un presidente della Repubblica a chiedere addirittura l’assunzione dei partiti a soggetti parlamentari, invece dei parlamentari eletti. Forse tradito dalla memoria del centralismo democratico ferreo che regolava il suo Partito, può succedere in tarda età. Forse portato a mali passi dai protagonisti di questa seconda Repubblica o delle toghe, giurisperiti e giudici dell’antipolitica.
E dunque l’impensabile è avvenuto: l’instaurazione anche de jure della partitocrazia, che per riconoscimento unanime è la causa della storia rachitica della Repubblica. Ma non è una vera sorpresa. Che il Quirinale stravolga la Costituzione non è da ora, e non solo in materia di rappresentanza. È dai tempi di Scalfaro che il Quirinale si segnala per invasioni di campo in ogni istante e per ogni evento della vita politica: in materia di giustizia, di guerra, di fisco, perfino di salario, per non parlare delle garanzie costituzionali all’individuo, calpestate liberamente, alla verità, all’onorabilità, alla presunzione d’innocenza, e perfino al diritto di difesa nei tribunali. La Costituzione tanto invocata in realtà non c’è più: il presidente Ciampi ha tentato di riportare il Quirinale entro i suoi limiti, ma era – era ritenuto – un “incidente di percorso”.
I costituzionalisti del partito Democratico annacquano il messaggio: Napolitano non vuole un voto di fiducia su un nuovo governo, vuole solo delle dichiarazioni, un chiarimento, etc. Ma debolmente, non insistono più di tanto. Che invece i santoni della Costituzione in materia di rappresentanza, gli antipartitocratici di sempre, da Scalfari a Sartori, tacciano, questo è solo segno di mala fede.

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