I giudici è certo che lo condanneranno, in tutti i processi: guardando alla composizione e agli atti dei collegi i giudizi sono scontati. Ma i procedimenti decadranno variamente, per prescrizione, per derubricazione dei reati, per disarticolazione degli stessi. E soprattutto, i giudici non contano più: Milano ne è stanca.
Forse i processi a Berlusconi sono troppi. Forse il processo per prossenetismo, a Fede oltre che a Berlusconi, è troppo anche per lo stomaco virtuista di Milano. O si dà per scontata la conferma dei berlusconiani alla guida della città, dopo le divisioni a sinistra. E quindi alla gestione dell’Esposizione 2015, che bene o male si terrà. E bene o male sarà un’occasione di lauti guadagni, specie nell’immobiliare - che è già partito, anche con i grattacieli, benché si fingano ancora polemiche. Il fatto è però evidente da qualche settimana, che un disarmo bilaterale, se non un avvicinamento, è in corso tra l’establishment meneghino, Intesa-Unicredit-Mediobanca-Rcs, e Berlusconi.
L’establishment non è più devastante, e anzi prospetta un Berlusconi inoffensivo. Accettandone anche la critica sempre più feroce alla Procura. Berlusconi dal canto suo accetta di farsi processare, per la forma. E non vara la legge sulla concorrenza, da tempo promessa e poi minacciata. Un rinvio di non poco peso, giacché la legge non potrebbe non incidere sulle partecipazioni incrociate sulle quali si reggono i grandi affari a Milano e il potere economico: di Intesa e Unicredit, delle Fondazioni loro socie e dei consigli d’amministrazione di comodo, di Mediobanca in Generali, di tutte le banche nel “Corriere della sera”.
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