Consiglia prudenza ma solleva pietre d’inciampo. Invita alla collaborazione, per il bene del paese, ma semina zizzania. Si vuole patrono della Costituzione e non fa che sgretolarla. Nei confronti del Parlamento, nei confronti del governo, sulle tasse, sulla guerra, sulla giustizia, e perfino sui sottosegretari. I comportamenti del presidente Napolitano da alcuni mesi sono criticati dai costituzionalisti – ultimamente lasciano perplessi pure i suoi amici e sostenitori.
I nemici – anche Napolitano ne ha – vanno oltre. Di tutte le istituzioni non critica mai la magistratura, che più di tutte meriterebbe le critiche. È presenzialista, ogni giorno vuol occupare la scena, come nei vecchi regimi imperiali o del culto del capo. Ha nugoli di consiglieri che scalpitano, a fine presidenza, per incarichi e prebende stabili, nelle Autorità di settore, magari del calcio, nelle Agenzie, nelle Corti e i Consigli, contabili, costituzionali, consultivi. Esercita un moralismo assurdo: prevaricante, antipolitico, antinazionale.
L’evidenza è che il Quirinale non si sottrae all’imbastardimento della politica. Ridotta a un giornalismo superficiale del pettegolezzo, della chiacchiera continua, tra talk show e reality, le forme espressive dominanti – che questo sito in più occasioni ha rilevato non casuale ma preordinato, all’imbastardimento della politica e quindi al suo depotenziamento.
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