Il “Corriere della sera” esercita la critica costante alla Fiat. Per smarcarsi dalla proprietà, in difesa della libertà di stampa. Ma non si smarca da Unicredit o Intesa, delle quali non critica nessuna delle tante malefatte, verso gli azionisti, verso i clienti – o delle aziende che le suddette amministrano, Telecom, Parmalat, Altalia (e la stessa Mediobanca, cioè Generali). Un caso di Milano contro Torino? Di Milano che bada all’affare e di Torino che invece si vuole elegante? Può essere. Ma c’è costanza nei due pesi.
Oggi lo stesso giornalista, Mucchetti, critica in evidenza sul giornale, in un incomprensibile pezzo, i debiti di Marchionne, e lo accusa di preparare agli azionisti un bell’aumento di capitale, senza un piano industriale preciso. Mentre elogia le due banche, che insieme non preparano ma hanno già chiesto un paio di aumenti salati di capitale, da dieci miliardi di euro, e un altro o due ne preparano, di poco meno. Senza remunerare gli azionisti. E senza migliorare i ratios, non che si veda dalle quotazioni, in costante flessione di nuovo da un anno. Nemmeno in prospettiva, salvo qualche taglio al personale.
Questo elogio Mucchetti lo fa sul supplemento economico, è vero, non con tanta evidenza che la critica alla Fiat. Ma è vero che la Fiat non ha un piano industriale, un’azienda che invece in America è apprezzata per questo? E le due banche ce l’hanno? Si adeguano ai criteri di Basilea 3, dice Mucchetti. Con aumenti di capitale da cinque miliardi, è così che si migliorano i ratios? O sono diverse le libertà di stampa nei due casi?
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