Joseph De Maistre, Contro Rousseau (dello stato di natura)
lunedì 6 giugno 2011
La natura come utopia reazionaria
“Se c’è un termine di cui si è abusato, è quello di natura”. Irresistibile confutazione delle facilonerie del “Discorso sull’eguaglianza” premiato dall’Accademia di Digione nel 1755 che fece di Rousseau Rousseau - l’opera in cui per prima, e con più foga, Rousseau dispiega la sua felice (rigorosa) misantropia, da “filosofo che spregia i filosofi”, dice De Maistre. Senza tuttavia inficiarne il richiamo.
“Non c’è che violenza nell’universo”: in altra opera, le “Considérations sur la France”, de Maistre spiega Hitler e il male assoluto, mentre con Rousseau bisogna addebitarlo a questo e a quello, alla religione, sia romana che wittemberghiana, ai barbari, all’impero romano, e magari pure alla natura, ma solo a quella dei tedeschi. La natura sarà pure superiore, dice de Maistre, ma solo quella dell’Atlantide di Platone, non quella dei cannibali di Montaigne: di questa natura il selvaggio è piuttosto la bestia da preda. La sua natura è più semplice: è la forza plastica del filosofo Cudworth, Ralph (1617-1689): il pio Cudworth, non riuscendo a credere che Dio si fosse piegato a creare una mosca, interpose fra Dio e il creato questa forza, una natura generans.
Molto devoto, alla Provvidenza, alla Chiesa, e molto massone, il capofila della pubblicistica antirivoluzionaria rimase sempre un intellettuale. Uno isolato cioè: lo trattarono freddamente tutti i capi reazionari che si provò a omaggiare, Alessandro I, Pio VII, i vari re di Sardegna suoi sovrani, e Luigi XVIII, come già Napoleone. Un caso cioè che potrebbe risolvere l’annoso problema del perché la destra non ha una cultura – e la soluzione è: la destra è monocratica (carismatica, unitaria, totalitaria, servile) e perciò rifiuta la cultura politica, nega alla radice, d’istinto, che ce ne sia una.
Il mito del buon selvaggio viene fatto risalire in Francia a Jean de Léry, “Histoire d’un voyage fait en la terre du Brésil”, 1578). È esso stesso parte del superomismo della Scoperta. Le innumerevoli sciocchezze che Rousseau ha collazionato nel “Discorso” sono indiscutibili. Ma ancora piacciono - mentre di J. de Maistre non si parla se non come di un rinsecchito reazionario, lui sì misantropo e non lo spregiatore Rousseau. Rousseau piace, si dice, perché è ottimo scrittore e anzi poeta. E lo è, ma a leggerlo passo passo con de Maistre è solo ridicolo. No, Rousseau ha la forza dell’utopia. Di un’utopia – in questo caso della natura – che per i molti è il solo senso della vita, la rinuncia a sapere, una scorciatoia. Essa stessa parte del superomismo della Scoperta, o dell’Io-e-il-mio-Dio, del mondo come dev’essere. Siamo in un mondo che, non sappiamo come, ci sovrasta con una superiore logica (semantica, etica) e allora diciamo che essa è quella che più ci piace – per Rousseau la sua confusissima natura.
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