Il caso di “Amina”, la giovane oppositrice siriana inventata da un blogger americano, ha confermato quanto si sa: che la rete è veicolo di propaganda tanto efficace quanto inattendibile. Tutto vi può essere manipolato, comprese le reti Facebook. E perfino le immagini, anche senza ricorrere al Photoshop. Il fatto è evidente e non serve spiegare il perché e il come. È noto anche ai grandi gestori del mercato Internet, che si pongono il problema di come bonificare la rete per renderne più verificabile la consistenza ai fini commerciali (pubblicitari). Anche se “Amina”, bisogna dire, ha superato ogni possibile credulità. “La blogger Amina Abdallah Aref, 36 anni (ottima foto a colori), diventata negli ultimi mesi una eroina della rivolta in Siria, è stata “rapita”, da “tre ventenni armati”, secondo un messaggio pubblicato dala cugina nel blog”: questa “notizia” campeggiava in prima sui giornali italiani ancora l'8 giugno - ma non solo nei giornali italiani. Il tg di Sky si avventurava a mostrare un rapimento cinematografico in ambito urbano con attori giovani per sceneggiare la “notizia”.
Si sa come è fatta la rete, senza controllo, è il suo pregio. Ma è per questo rischiosa, anche questo si sa, ma volentieri si trascura. Google è il maggior fornitore di conoscenze. Necessariamente selettivo, anche se non preconcetto o schierato, non che si veda: chi fornisce informazione fa una selezione e dà un orientamento. Questo è vero di qualsiasi mezzo d’informazione, ma sulla rete il controllo sociale e fattuale non esiste più, la “nuvola” informativa è una realtà dai limiti irraggiungibili. Peggio, nel senso della qualità dell’informazione, con Twitter e Facebook, formichieri voraci di ogni sostanza, anche escrementizia.
Sul piano politico l’incontrollabilità della rete era passata finora sotto silenzio perché denunciata da regimi non difendibili, come la Cina e l’Iran. Ma si sa, è notorio, e prima di tutto ai servizi segreti che la manipolano, che la rete è manipolabile – un tempo si sarebbe detta veicolo di disinformazione. Più nei regimi monocratici (contro i regimi) meno in democrazia. Ma anche in democrazia è efficace: su tutte valga la corsa dell’outsiderissimo Obama. Con una differenza insidiosa rispetto alle forme di propaganda politica tradizionali: che si avvale del crisma della verità e dell’autorevolezza.
Tutte la propaganda politica capitalizza sulla buonafede del pubblico. Ma la rete di più. Perché la politica tradizionale ha varie modalità di controllo, mentre la Rete si vuole – si presume – spontanea, democratica, e non influenzabile. Ma è la più influenzabile di tutte. I referendum sull’acqua, e anche quello contro il nucleare, ne sono un esempio. “La Repubblica” ne ha tratto l’abbrivo per un movimento degli indignati o della società civile, col sociologo Diamanti che subito teorizza “il popolo dei disobbedienti”, mentre invece i tre referendum rispondevano agli interessi delle due forme di corruzione oggi dominanti in Italia, quella degli amministratori locali, sempre più bulimici, e quella “verde” delle produzioni organiche e delle energie alternative.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento