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Creazione - Ferma il tempo, lo fissa – quella dello spirito o dell’arte. Pirandello (“Quando manca la data di morte”): per l’opera dello spirito “l’esser viva da molto tempo non significa esser molto vecchi, cioè più prossima a morir, ma al contrario”.
Dio – Per Campanella (“Realis philosophia”) è “Seminatore, dell’Esistenza, del potere, della Conoscenza e dell’Amore”. Meno di un Creatore, dunque. Ma in questi tempi vuoti è molto. Una figura simpatica, ecologica – ecocompatibile?
Giustizia - Di giudici John Le Carré dice, in morte del padre (“Sunday Times”, 16 marzo 1986), che hanno presa su un certo tipo di donna, di quelle che scrivono lettere, anche sconvenienti.
Logica – Si può dirla agente doppio del fantastico, dell’insolito . Del reale, invece che dell’ideale. Il romanzo giallo se ne avvale per questo.
Massa, Cultura di – Ha sempre avuto un connotato spregiativo, fin dall’insorgere, come cultura elaborata e proposta dai mezzi di comunicazione di massa, giornali, televisione, cinema, spettacolo. Adorno e la scuola sociologica di Francoforte ne hanno, in questa accezione, fatto il tramite d’eccellenza per il controllo politico e sociale. In Italia l’accezione è diversa, più positiva che negativa, per cultura di massa intendendosi solitamente quella popolare. Un’accezione equivoca, poiché è la cultura di massa – dei mass media – che erode e svuota la cultura popolare. Più di ogni altro fattore omologante, standardizzante: la modernizzazione, l’urbanizzazione, lo sradicamento. Una cultura alta può circonvenire la cultura di massa, una cultura popolare è senza difese.
Non è altro che una cultura del mercato, o di consumo – dei non luoghi, della pubblicità. È in questo senso l’inveramento dell’uomo massa e della società di massa di Nietzsche, uomo massa, società di massa. Ma la società di massa è la società del welfare, del benessere garantito. Senza scuola, sanità, pensione e casa garantite non è possibile la società di massa: urbanizzazioni accelerate e contingenti, produzioni di massa. Non è possibile neanche la società industriale?
Se arretra lo Stato sociale si disarticola la società di massa. E la società industriale. Altrimenti si produrrebbe un impoverimento generale e un disordine che renderebbero ugualmente perenta la società industriale, ordinata cioè e produttiva.
Alain Touraine, studioso della contemporaneità, ci vede naturalmente dei segni positivi. Per il non detto (che non vogliamo dire benché lo vediamo) della globalizzazione: che i quattro quinti dell’umanità finalmente sono usciti dal Terzo mondo.
Popolare – Sta per politico, ideologico, di classe, di partito, anche di fazione. È una deriva artificiosa, strumentale. Rispetto alla prima concezione del popolare, di Michelet per esempio, che lo accomuna a spontaneo, radicato nella tradizione e di largo seguito. La democrazia popolare non ne è stata la sola applicazione, anche la musica popolare e la poesia hanno lo stesso difetto: utilizzano ambiguamente connotazioni opposte al loro essere e al loro scopo.
Sostenibile – Sta per abbondanza, una negatività che va limitata. Si presenta e si presume il contrario, la possibilità di creare abbondanza che non sia distruttiva, un concetto quindi sano di abbondanza. Ma implica una serie di condizioni socialmente e produttivamente restrittive: di accessibilità (prezzo, distribuzione), di selettività (diversificazione costante, moltiplicazione dei consumi), di risorse (finanziarie, tecniche). Tanto più in quanto si pretende di consumo (utilizzo) illimitato privilegiato delle risorse esistenti (le fonti di energia cosiddette rinnovabili ne sono un esempio). A una sommatoria sarà – in parte lo è già – lo spreco dell’abbondanza – delle risorse esistenti.
Spreco – È il senso (la connotazione) delle società ricche negli ultimi quarant’anni: lo spreco delle risorse naturali, pubbliche e anche private. All’ideologia del risparmio e dell’investimento per il futuro (accrescimento, accumulo) è succeduta quella dei consumi, o del tutto subito: sfruttamento illimitato dell’ambiente, sfruttamento illimitato dei beni sociali (sanità, previdenza, assistenza). La stessa ideologia sta dietro la sostenibilità o l’ecocompatibilità: nei fatti è un consumo libero (giustificato, come quello degli anni Settanta e Ottanta, presuntuoso) spostato sui beni immateriali (l’opinione pubblica) e, di nuovo, sociali o statali (la spesa pubblica).
Stupidità – È sovrana perché nessuno può permettersi d’identificarla – tanto meno sanzionarla. Per questo finisce anche vincente, sempre.
zeulig@antiit.eu
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